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martedì 21 marzo 2017

Prendere decisioni inconsciamente. Cosa si prova quando si spara in una situazione di emergenza?

Io sto con Mario.
Io non sto con Mario.
Io sto con Stacchio.
Io non sto con Staccio.

Decine e centinaia di pagine, video e trasmissioni che si schierano da una o dall’altra parte.

Ma la domanda è?
Cosa si prova in quei pochi istanti che separano la tranquillità di una notte in famiglia dall’istante in cui si preme il grilletto?

Quali stati d’animo vengono richiamati?
Come ci si sente prima, durante e dopo?

Non lo so di sicuro io, e spero neanche voi che leggete.
Per saperlo, sfortunatamente, bisogna essere stati dentro una situazione così emotivamente provante, oppure bisogna farlo per lavoro.

Be, per lavoro intendo, una mansione che richiede l’eventuale uso dell’arma, ad esempio un poliziotto.

Ad esempio Dave Grossman, ex tenente colonnello dell’esercito e autore di On Killing, dal quale sono tratte alcune considerazioni che leggerete di seguito.

Premessa: immaginate il silenzio, il volume della televisione basso.
Tarda notte.
Poi dei rumori, rumori insoliti che vengono colti dal nostro udito inconsciamente.

Si perchè i rumori abituali, non allertano più il nostro sistema di attenzione in quanto vengono registrati dal nostro cervello come “non degni di attenzione”.

Ma rumori insoliti, anche se deboli, attivano subito la nostra attenzione, e ci fanno spalancare gli occhi.

Quando si va a vivere in una nuova casa, le prime notti, sentiamo tutti i minimi rumori che con il passare dei giorni vengono piano piano ignorati dal nostro sistema di allarme umano.

Quindi, siamo in casa, tranquilli e un rumore che non rientra tra quelli bypassati ci allerta, i rumori continuano e la tensione sale fino a che ci rendiamo definitivamente conto che qualcosa non torna.

In questi giorni e sempre con più frequenza, si sentono narrare episodi di persone che si ritrovano in situazioni che terminano con uno scontro a fuoco o con un colpo di pistola partito da una sola parte in quanto l’altra non può rispondere in quanto colpita a morte o ferita.

Gli episodi sono ben noti e riportati dai telegiornali.
Eventi dove il protagonista, nella più sfortunata o fortunata occasione, uccide un’altra persona in quanto è entrata in casa, ha rapinato un negozio, un benzinaio o simili.

Fortunata o sfortunata perchè, per chi non è del mestiere e non è allenato, non è di sicuro semplice centrare una persona, neanche a distanza ravvicinata e soprattutto non è così facile impugnare un fucile e sparare.

Provate a pensare alla prima volta che avete sostenuto un esame, un colloquio.

A come eravate agitati, tesi e in alcuni frangenti “fuori controllo”.
Avete detto o fatto cose che in un frangente normale non rifareste.

Pensate adesso alla stessa situazione dopo 10 esami o al 30esimo colloquio di lavoro.

Non dico sia una passeggiata ma sicuramente avrete più esperienza, più controllo.
L’inconscio risponde meglio
Lo stesso vale per qualsiasi azione che svolgete.
Dal primo tiro a canestro, al primo colpo di pistola.
Non per niente ci sono i poligoni per allenarsi.

A sostenere questo ci sono innumerevoli video su youtube di ladri “alle prime armi” che da distanza rivvicinata non colpiscono proprio niente e nessuno oppure video fail con le armi.

Perchè? E’ spiegato nei post a seguire e riguarda lo stress dovuto all’eccitazione, ai battiti cardiaci elevati e ai nostri sensi che ci rendono impacciati.

Tornando ai nostri due casi iniziali, di persone che si ritrovano a dover decidere quale azioni fare, ultimamente ce ne sono tanti e fanno sempre notizia.

Da Mario dell’Osteria de Amis di Lodi a Stacchio, il benzinaio di Nanto.

Immancabilmente si accende la diatriba sulla legittima difesa e fino a dove ci si può spingere in questo senso.

Inoltre è un’ottima occasione per fare propaganda politica e fare notizia su notizia.

Il motto coniato in questi ultimi anni è “Io sto con …..” e il nome della persona. Motto che viene stampato su magliette e felpe.

Ma tutto questo non ci interessa, o almeno, se ne parla già in tanti altri luoghi sul web.
Trasmissioni televisive si sprecano nel trovare una giustizia, una strada, una soluzione.
Quindi non se ne parla in questo post, per evitare che diventi l’ennesimo botta e risponta tra i fans di una fazione e l’altra.

Quello che ci interessa, è cercare di capire cosa succede alla persona che imbraccia il fucile, piuttosto che la pistola e come si può sentire prima, durante e dopo l’azione di “sparare”.

Per cercare di capire le emozioni che si provano, utilizziamo due post di questo blog.
I due post si possono trovare a questo indirizzo e sono tratti dal libro “In un batter di ciglia di Malcolm Gladwell”.

Cecità mentale: Stress estremo.

Cecità mentale: Mancanza di tempo.

Dal primo post, si capisce subito che “sparare” non è un’attività assolutamente ne comune ne banale.

Addirittura si sostiene che questa azione risulta essere “qualcosa di incredibilmente scioccante”.

E’ inoltre interessante vedere come con l’aumentare delle pulsazioni la nostra risposta emotiva e dinamica va via via pegigorando.
In un incredibile numero di casi, le persone fatte oggetto di spari evacuano.

Nel secondo post si indica inoltre che a causa della mancanza di tempo, quindi potrebbe essere proprio la situazione dove ci si accorge di un ladro in casa e non si ha tempo per ragionare tranquillamente, “siamo soggetto alla reazione istintiva di qualità più bassa”.

Vi consiglio quindi la lettura dei due brevi post che sono un ottimo riassunto di quello che accade, in modo che, avremo le idee più chiare su quanto sia scioccante un evento di questo tipo.


La recensione del libro In un batter di ciglia di Malcolm Gladwell.

Inoltre potrebbe interessarti il tema della RESILIENZA.

Oppure "Saper incassare, perseverare."



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mercoledì 8 marzo 2017

Cecità mentale. Mancanza di tempo. In un batter di ciglia.

La seconda causa di cecità mentale è la mancanza di tempo.
“Quando ti manca il tempo” osserva De Becker “sei soggetto alla reazione istintiva di qualità più bassa”.
Spesso non pensiamo al ruolo che ha il tempo nelle situazioni in cui è in gioco la vita: forse Hollywood ci ha confuso le idee su ciò che accade realmente in uno scontro violento.

“Quando prendiamo una decisione in una frazione di secondo” osserva Payne “siamo estremamente vulnerabili ai nostri stereotipi e pregiudizi, anche a quelli da cui pensiamo di essere immuni, e rischiamo di farci guadare da essi”.

Le nostre capacità di thin-slicing e di giudizio istanteanee sono straordinarie, ma anche il gigantesco computer nascosto nel nostro inconscio ha bisogno di un attimo per fare il suo lavoro.

Accettano come dato di fatto che, una volta che l’incidente è in corso, non si può fare niente per bloccarlo o controllarlo.
E, quando sono in ballo le nostre reazioni istintive, tale modo di vedere è fin troppo diffuso.
Ma è il presupposto sbagliato.
Il pensiero inconscio è, per un aspetto fondamentale, non molto diverso da quello conscio: in entrambi, con l’addestramento e l’esperienza, la nostra capacità di decisione rapida può migliorare.


In condizioni di tensione, l’eccitazione estrema e la cecità mentale sono inevitabili?
Naturalmente no.

Anche la lettura della mente è una capacità che migliora con la pratica.
Silvan Tomkins, forse il più grande lettore della mente di tutti i tempi, non smetteva mai di esercitarsi.

Conclusione: ascolare con gli occhi.

Le audizioni sono classici momenti di thin-slicing.
Gli esperti di musica classica sostengono di poter dire se un musicista è bravo o no in pochi istanti, a volte fin dalle prime battute, a volte addirittura alla prima nota.

Troppo spesso, di fronte a ciò che accade in un batter di ciglia, siamo rassegnati.
Non ci sembra di poter esercitare un grande controllo su ciò che balza in superficie dall’inconscio.

Ma non è così.
Se possiamo controllare il contesto in cui la cognizione rapida ha luogo, possiamo controllare la cognizione rapida.


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mercoledì 1 marzo 2017

Cecità mentale. Stress estremo. In un batter di ciglia.

Discutere con un cane.
Al cinema e nei film polizieschi si spara in continuazione.
Si spara, si insegue la gente, a volte si ammazza e, quando si ammazza, si fuma una sigaretta in piedi accanto al cadavere e poi si va a bere una birra con il collega.

A dare retta a Hollywood, sparare è un’attività piuttosto comune e banale.
In verità, non lo è affatto.
La maggior parte dei poliziotti, ben oltre il 90 per cento, giunge all’età della pensione senza aver mai sparato a nessuno, e chi l’ha fatto ne parla di qualcosa cosi incredibilmente scioccante che sembra legittimo chiedersi se sparare non possa essere un tipo di esperienza in grado di causare una transitoria forma di autismo.

Eppure, glli stessi particolari ricorrono più volte nelle interviste ad agenti di polizia coinvolti in scontri a fuoco: una visione estremamente nitida e focalizzata, l’attutirsi dei rumori, la sensazione che il tempo rallenti.
E’ così che il corpo umano reagisce a uno stess estremo, ed è comprensibile.
La mente, di fronte a un pericolo mortale, limita drasticamente la gamma e la quantità di informazioni che dobbiamo gestire.
Rumori, memoria, visione più apia del contesto sono sacrificati a favore di una più acuta consapevolezza della minaccia che incombe su di noi.

Dave Grossman, ex tenente colonnello dell’esercito e autore di On Killing, sostiene che lo stato ottimale di eccitazione, in cui lo stress migliora le prestazioni, è quello in cui la frequenza del battito cardiaco è compresa tra le 115 e le 145 pulsazioni al minuto.

E il campione di basket Larry Bird diceva che nei momenti critici della partita il campo diventava tranquillo e i giocatori sembravano muoversi al rallentatore.

Ma pochissimi giocatori di basket vedono il campo chiaramente come lo vedeva Larry Bird, perchè pochissimi giocano in quella gamma ottimale.

La maggior parte di noi, quando è sotto pressione, si eccita troppo, e oltre una certa soglia di eccitazione il corpo inizia a chiudere cosi tante fonti di informazioni che cominciamo a diventare inefficienti.


“Oltre le 145 pulsazioni al minuto” osserva Grossman “iniziano a succere brutte cose.
Le capacità motorie complesse cominciano a venire meno.
Fare una cosa con una mano e non con l’altra diventa difficilissimo.

A 175 si inizia ad assistere a un crollo completo dell’elaborazione cognitiva.
Il prosencefalo si blocca e il mesencefalo, la parte del cervello che abbiamo in comune con il nostro cane (tutti i mammiferi ce l’hanno), si fa avanti e prende il sopravvento. Ha mai cercato di discutere con un essere umano arrabbiato o spaventato? E’ impossibile. E’ come cercare di discutere con il nostro cane.”

La visione si fa ancora più ristretta, il comportamento impropriamente aggressivo.
In un incredibile numero di casi, le persone fatte oggetto di spari evacuano, perchè all’alto livello di minaccia rappresentato da un battito cardiaco a 175 e oltre il corpo considera questo tipo di controllo fisiologico come un’attività non essenziale.

Il sangue si ritira dagli strati muscolari esterni e ci concentra nella massa muscolare centrale.
La ragione evoluzionistica è di rendere i muscoli il più duri possibile, trasformarli in una specie di corazza per limitare il sanguinamento in caso di ferita.
Ma cosi diventiamo impacciati e inabili.

Per questo, consiglia Grossman, dovremmo esercitarci a comporre al telefono il numero della polizia: ho sentito di troppi casi in cui, in condizioni di reale emergenza, non si riesce a compiere questo gesto elementare.

Con il cuore che batte all’impazzata e il coordinamento motorio che viene meno, si sbaglia numero perchè non ci si ricorda quello giusto, ci si dimentica di premere l’ok sul cellulare, o semplicemente, non si riescono a trovare le cifre con il dito.
“Bisognerebbe esercitarsi” afferma Grossman.
“Solo chi è esercitato ce la fa”.


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venerdì 24 febbraio 2017

Leggere nella mente: cognizione rapida. In un batter di ciglia.

Sette secondi nel Bronx. la sottile arte della lettura della mente.

Soundview è la classica zona di New York dove finisci se sei un immigrato che cerca una casa a buon mercato e vicina a una stazione della metropolitana.
Per questo Amadou Diallo era andato ad abitare in Wheeler Avenue.
Nel 1999 Diallo, originario della Guinea, aveva ventidue anni e faceva il venditore ambulante a Manhattan.
Vendeva videocassette, guanti e calzini sul marciapiede della 14th Street.

Tre errori fatali.
Le forme forse più comuni, oltre che più importanti, di cognizione rapida sono i giudizi che formuliamo sugli altri, le idee che ne facciamo.
Ogni minuto che passiamo in presenza di qualcuno produciamo un flusso costante di predizioni e inferenze su ciò che questo qualcuno pensa e sente.

Quando una persona ci dice “ti amo”, la guardiamo negli occhi per verificarne la sincerità.

Quando incontriamo qualcuno per la prima volta, spesso cogliamo labili segnali che in seguito ci fanno dire, anche se la persona appena conosciuta ci ha parlato in modo labile e cordiale, “credo di non andarle a genio”, oppure “ho l’impressione che non sia molto felice”.

Tutti sappiamo leggere la mente altrui senza fatica e automaticamente, perchè gli indizi di cui abbiamo bisogno per capire una persona o una situazione sono li, sul volto di chi ci sta davanti.
Non saremo bravi come Paul Ekman o Silvan Tomkins nel leggere i volti, o nel cogliere momenti quasi impercettibili come la trasformazione di Kato Kaelin in un cane ringhioso, ma sul volto delle persone ci sono informazioni sufficientemente accessibili da rendere possibile quella lettura delle mente che operiamo ogni giorno.

Quando qualcuno ci dice “ti amo”, volgiamo immediatamente lo sguardo su di lui, o su di lei, perchè osservando il suo volto, posiamo sapere - o, perlomeno, capire molto meglio - se quel sentimento è autentico.
Vi leggiamo tenerezza o piacere, o vi vediamo lampeggiare una fugace microespressione di angoscia e infelicità?

Il caso classico che permette di capire cosa significa perdere la capacità di leggere la mente è quello dell’autismo.
Chi è colpito da tale sindrome soffre, per usare le parole dello psicologo inglese Simon Baron-Cohen, di “cecità mentale”.
Tutti quei processi umani che ho definito finora naturali e automatici gli risultano difficili, se non impossibili.
Ha difficoltà ad interpretare i segni non verbali come i gesti e le espressioni facciali, a penetrare nella mente altrui e a trarre elementi di comprensione se non dal significato letterale delle parole
Nell’autismo, l’apparato che presiede alle prime impressioni è inceppato, e la visione del mondo degli autistici illustra bene quello che accade quando manca la capacità di lettura della mente.

Nel guardare i volti, le persone normali utilizzavano una aprte del cervello detta “giro fusiforme”, un software cerebrale incredibilmente complesso che ci permette di distinguere fra le migliaia di volti che conosciamo.
Figuratevi nella mente il volto di Marilyn Monroe.
Fatto?
Ebbene, avete appena usato il vostro giro fusiforme.

Nel guardare una sedia, invece, gli stessi soggetti utilizzavano una parte del cervello completamente diversa e meno potente, il “giro temporale inferiore”, in genere riservato, appunto, agli oggetti.
La differenza di complessità fra le due aree spiega perchè si può riconoscere dopo quarant’anni una compagna di classe delle medie, mentre si ha qualche problema nell’individuare il proprio bagaglio sul nastro trasportatore dell’areoporto.

Quando ripetè l’esperimento con persone autistiche, Schultz scoprì che usavano l’area deputata al riconoscimento degli oggetti sia per le sedie sia per i volti.
In altre parole, sul piano neurologico più elementare, per il soggetto autistico il volto è solo un oggetto fra gli altri.

Come non chiedersi, però, se in talune circostanze non possa accadere anche a noi di pensare momentaneamente come Peter.
Se l’autismo e la cecità mentale fossero una condizione temporanea, anzichè cronica, non si potrebbe forse spiegare come mai persone altrimenti normali giungono a volte a conclusioni completamente e disastrosamente sbagliate?


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lunedì 6 febbraio 2017

Fidarsi dell'istinto: In un batter di ciglia.

Vi siete buttati su un prodotto nuovo di zecca.
Avete speso una barca di soldi per dotare la fabbrica di nuove attrezzature, un’altra per assicurarvi, per esempio, che la reticella della Aeron non pizzichi i glutei.
E adesso scoprite che, alla gente, quella reticella non piace.
Anzi, che trova brutta tutta la sedia, e se c’è una cosa che avete imparato dopo anni e anni di lavoro in quel settore è che la gente non compra una sedia che trova brutta.
Che fare?
Potreste lasciar perdere l’intero progetto Aeron.
Oppure fare marcia indietro e ricoprirla di un vecchio, caro strato di gommapiuma.
O fidarvi dell’istinto e rischiare.
La Herman Miller adottò quest’utima soluzione.

Il punto è che, fra le cose che non ci piacciono, ce ne sono alcune che appartengono a questa categoria soltanto perchè sono strane.
E ci inquietano.
Sono così diverse che abbiamo bisogno di un pò di tempo per capire che, in realtà, ci piacciono.


Non sempre le ricerche di mercato sbagliano, ovviamente.

Testare prodotti o idee veramente rivoluzionari è tutt’altra faccenda, e le aziende che hanno più successo sono quelle che capiscono come in questi casi le prime impressioni dei consumatori richiedano di essere interpretate.

Le reazioni inconsce provengono da dietro una porta chiusa, al di là della quale non possiamo guardare.
Tuttavia, con l’esperienza diventiamo esperti nell’usare il nostro comportamento e addestramento per interpretare, e decifrare, ciò che sta dietro a giudizi istantanei e prime impressioni.
E’ qualcosa di molto simile che si fa andando dallo psicoanalista: si passano anni ad analizzare il proprio incosncio con l’aiuto di un terapeuta esperto, finchè s’inizia a capire come funziona la propria psiche.

Quando diventiamo bravi in qualcosa che ci ninteressa, l’esperienza e la passione cambiano radicalmente il carattere delle nostre prime impressioni.
Questo non significa, però, che al di fuori degli ambiti in cui abbiamo esperienza e per i quali nutriamo passione le nostre reazione siano sempre sbagliate.
Significa soltanto che sono superficiali, che sono difficili da spiegare e che facilmente si lasciano fuorviare, che non sono radicate in un vero sapere.

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martedì 31 gennaio 2017

La sfida Pepsi e la New Coke: In un batter di ciglia.

Il dilemma di Kenna: modi giusti, modi sbagliati, di chiedere alla gente che cosa vuole.

La sifda Pepsi.
All’inizio degli anni Ottanta la Coca-Cola Company era molto inquieta poichè le si prospettava un futuro tutt’altro che roseo.
Un tempo la Coca era stata la bibita di gran lunga più diffusa al mondo, ma progressivamente la Pepsi ne aveva intaccato il dominio.
Nel 1972 il 18 per cento di consumatori di bibite alla cola dichiaravano di bere esclusivamente Coca, mentre i fedeli alla Pepsi erano soltanto il 4 per cento.

All’inizio degli anni Ottanta la Coca era scesa al 12 per cento e la Pepsi era salita all’11 e questo benchè la Coca fosse ben più facile da trovare della Pepsi e spendesse in pubblicità ogni anno almeno 100 milioni di dollari in più del concorrente.

“Quella che forse era la principale caratteristica della Cola, il gusto, vine ora definito aspro dai consumatori” dichiarò all’epoca Brian Dyson, responsabile per la Coca-Cola per gli Stati Uniti.
“E quando proponi parole come “rotondo” e “morbido”, dicono Pepsi.
Forse il nostro modo di dissetarci è cambiato”.

Nel Settembre 1984 quella che doveva essere la versione finale della New Coke era pronta per affrontare nuovi test.
Furono coinvolti non migliaia, ma centinaia di migliaia di consumatori in tutto il Nordamerica e, nei test d’assaggio ciechi di una bibita contro l’altra, la New Coke battè la Pepsi per un numero di punti percentuali che andava da 6 a 8.
Alla Coca-Cola erano entusiasti.
La nuova bibita ricevette il via libera.

Ai consumatori era stata chiesta, nel modo più semplice e diretto immaginabile, la loro reazione, ed essi aveva detto che la vecchia Coca non l’apprezzavano granchè, ma la nuova moltissimo.
Come poteva fallire?

E invece fallì.
Fu un vero disastro.
I bevitori di Coca si sollevarono indignati contro la New Coke, con manifestazioni di protesta in tutti gli Stati Uniti.
L’azienda precipitò in una grave crisi, tanto che, pochi mesi dopo, fu costretta a tornare alla formula originaria mettendo sul mercato una Classic Coke.

Il successo da tutti previsto non si realizzò mai.

Nemmeno l’ascesa apparentemente inesorabile della Pepsi, anch’essa prevista con tanta chiarezza dalle ricerche di mercato, si realizzò.

La storia della New Coke, insomma, è un’ottimo esempio di come sia difficile capire che cosa la gente pensa realmente.

Perchè nel mondo reale nessuno beve mai Coca-Cola alla cieca.
Noi trasferiamo alla nostra sensazione del gusto della Coca tutte le associazioni inconsce relative al marchio, all’immagine, alla lattina, nonchè all’inconfondibile rosso del logo.

In prodotti del genere conta moltissimo l’immagine della marca.

Tutte le loro decisioni riguardavano modifiche del prodotto, mentre la Pepsi si concentrava sui giovani, facendo di Michael Jackson il proprio portavoce e prendendo molte buone iniziative riguardo al marchio.

La gente non prende le sue decisioni di acquisto basandosi sui test d’assaggio.
Il problema della Coca fu che prevalsero quei tipi in camice binaco dei laboratori.

Per fare thin-slicing ci vuole un contesto.
E’ possibile diagnosticare lo stato di salute di un matrimonio molto rapidamente, ma non basta vedere i due coniugi giocare a ping-pomg, occorre osservarli mentre discutono di qualcosa che ha a che fare con il loro rapporto.
E’ possibile fare thin-slicing sulle probabilità che ha un chirurgo di essere portato in tribunale per negligenza ascoltandolo conversare per pochi secondi, ma dev’essere una conversazione con un paziente.


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martedì 17 gennaio 2017

Lo IAT (Implicit Association Test - Test di associazione implicita): In un batter di ciglia.

Lo IAT (Implicit Association Test - Test di associazione implicita), elaorato da Anthony G. Greenwald, Mahzarin Benaji e Brian Nosek, si basa su un’osservazione apparentemente lapalissiana, ma ugulmente profonda.
Noi operiamo molto più velocemente connessioni fra due idee già accoppiate nella nostra mente che fra idee il cui accoppiamento non ci è famigliare.

Che cosa significa?
Facciamo un esempio.
Qui sotto c’è una lista di parole.
Prendete una matita e una penna e assegnate ogni nome alla categoria cui appartiene mettendo una crocetta alla sua sinistra o alla sua destra.
Potete anche segnare con il dito la colonna giusta.
Basta che lo facciate il più velocemente possibile.

Maschio                                Femmina

                              Giovanni
                               Roberto
                               Anna
                               Barbara
                               Cristina
                               Massimo
                               Rita
                               Giorgio
                               Lisa
                               Matteo
                               Sara

Facile vero?
Ed è facile perchè, quando sentiamo o leggiamo un nome come Giovanni, Roberto o Barbara, non abbiamo neppure bisogno di pensare se è femminile o maschile.
Nella nostra mente c’è una forte associazione a priori fra il nome Giovanni e il genere maschile, e il nome Lisa e il genere femminile.

Ora facciamo uno IAT vero e proprio.
Funziona allo stesso modo, ma adesso mischierò due categorie del tutto distinte.

Maschio o carriera                                Femmina o famiglia

                                              Lisa
                                              Matteo
                                              Bucato
                                              Affari
                                              Giovanni
                                              Commerciante
                                              Roberto
                                              Capitalista
                                              Barbara
                                              Cristina
                                              Casa
                                              Corporation
                                              Parenti
                                              Rita
                                              Giorgio
                                              Cucina
                                              Lavori domensitci
                                               Genirori
                                              Sara
                                              Massimo

Ora provate con questo:

Maschio o Famiglia                                Femmina o carriera

                                              Bebè
                                              Sara
                                              Massimo
                                              Commerciante
                                              Impiego
                                              Givanni
                                              Roberto
                                              Barbara
                                              Collaborazione domestica
                                              Affari
                                              Ufficio
                                              Cristina
                                              Rita
                                              Nipoti
                                              Nonni
                                              Giorgio
                                              Casa
                                              Lisa
                                              Corporation
                                              Matteo


Avete notato la differenza?
E’ stato un pò più difficile del test precedente vero?
Se siete come la maggior parte delle persone, ci avrete messo un pò più di tempo alla parola “Affari” alla categoria “Carriera” quando quest’ultima era accopppiata con ”Femmina” che quando era accoppiata con “Maschio”.
Il motivo è che in quasi tutti noi ciò che è connesso alla carriera si associa mentalmente più all’idea di maschile che all’idea di femminile.
Una delle ragioni per cui lo IAT è divenuto negli ultimi anni così popolare come strumento di ricerca è che gli “effetti” che misura non sono sottili.

Si tratta di un genere di test le cui conclusioni balzano agil occhi.
“Quando c’è una forte associazioni a priori” dice Greenwald “la velocità di risposta si colloca fra i quattrocento e i seicento millisecondi.
Quando non c’è, possono volerci dai duecento ai trecento millisecondi in più, il che, in questo genere di “effetti” è un’enormità.

Se volete cimentarvi con uno IAT computerizzato, visitate il sito https://implicit.harvard.edu/implicit/
Vi troverete numerosi test, fra cui il più famoso di tutti, lo IAT sulla razza.

Innanzitutto ci sono gli atteggiamenti consci.
Quello che scegliamo di credere.

I nostri valori dichiarati, in base ai quali orientiamo deliberatamente il modo di comportarci.

Ma lo IAT misura qualcos’altro.
Misura i nostri atteggiamenti raziali a un secondo livello, quello inconscio.
Le associazioni immediate, automatiche, che facciamo prima di avere il tempo di pensare.
Gli atteggiamenti inconsci non li scegliamo deliberatamente.

L’aspetto inquietante di questo test è che rivela come i nostri atteggiamenti inconsci possano essere del tutto incompatibili con i valori consci che professiamo.

La maggior parte dei venditori d’auto tendono a commettere classici errori Warren Harding.
Vedono una persona e, in qualche modo, lasciano che l’idea che se ne fanno in base all’apsetto prenda il sopravvento su ogni altra informazione che riescono a raccogliere in quel primo istante.
Golomb, invece, si sforza di essere più selettivo.
Tiene le antenne alzate, pronte a raccogliere se il cliente è sicuro di se o pieno di dubbi, se sa il fatto suo o è ingenuo, se è uno che tende a fidarsi o un sospettoso, ma da questa infinità di fette sottili di informazione cerca di eliminare le impressioni basate unicamente sull’aspetto fisico.
Il segreto del suo successo è che ha deciso di combattere l’errore Warren Harding.

Se qualcosa avviene al di fuori della coscienza, che cosa ci puoi fare?
La risposta è che di fronte alle nostre prime impressioni non siamo impotenti

Che qualcosa sia fuori della portata della coscienza non significa che sia fuori controllo.

Le nostre prime impressioni sono generate dalle esperienze che abbiamo fatto e dall’ambiente in cui viviamo, il che significa che possiamo cambiarle, cambiando le esperienze che generano quelle impressioni.


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martedì 10 gennaio 2017

L’errore Warren Harding: In un batter di ciglia.

L’errore Warren Harding: perchè ci affascinano gli uomini alti, prestanti e di carnagione scura.

L’altro era il direttore di un quotidiano di Marion e di li a una settimna avrebbe vinto le elezioni per il rinnovo del Sento dell’Ohio.
Il suo nome era Warren Harding.

All’epoca era sui trentacinque anni.
La testa, le spalle e il busto erano di dimensioni tali da attirare l’attenzione.
E le loro proporzioni reciproche esercitavano un tale effetto che in qualunque luogo giustificherebbe qualcosa di più del termine “prestante”.
Anni dopo, quando la sua fama avrebbe superato i confini locali, a volte per descriverlo si sarebbe usata l’espressione “antico romano”.

Il candidato Harding divenne il presidente Harding.
lo restò per due anni, fino alla morte improvvisa per un ictus.
Fu, a giudizio pressochè unanime degli storici, uno dei peggiori presidenti di tutta la storia degli Stati Uniti d’America.

Il thin-slicing può essere incredibilmente potente.
Ciò è dovuto alla nostra capacità di penetrare molto velocemente sotto la superficie di una situazione.

Cosa succede se questa rapida catena di pensiero in quelche modo si interrompe?
Se giungiamo a un giudizio istantaneo senza essere mai andati oltre la superficie?
Nel capitolo precedente ho parlato degli esperimenti di John Bargh che indicano come certe parole (per esempio, stanco, grigio, ritirarci e tombola) inneschino in noi sensazioni cosi forti da cambiare il nostro modo di comportarci.


Una catena molto simile di potenti associazioni può essere innescata da caratteristiche dell’aspetto fisico di una persona, come altezza, corporatura, colore della pelle e sesso.
Molti, guardando Warren Harding, lo trovarono cosi straordinariamente bello e distinto da saltare subito alla conclusione, non garantita da niente, che fosse un uomo coraggioso, intelligente e integerrimo.

Il suo aspetto era cosi ricco di intense connotazioni da bloccare di colpo il normale processo di pensiero.

L’errore Warren Harden è il lato oscuro della cognizione rapida ed è alla base di un buon numero di pregiudizi e discriminazioni.
E’ per questo che è così difficile scegliere il candidato giusto per un posto di lavoro, ed è per questo che, più spesso di quanto ci preoccupiamo di riconoscere, persone assolutamente mediocri giungono talvolta a posizioni di enorme responsabilità.
Prendere sul serio thin-slicing e prime impressioni significa, fra l’altro, accettare che a volte possiamo venire a sapere di più su qualcuno o qualcosa con una semplice occhiata che in mesi e mesi di studi.
Ma occorre anche riconoscere e capire le circostanze in cui la cognizione rapida ci porta fuori strada.

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lunedì 9 gennaio 2017

Decisioni istantanee: In un batter di ciglia.

La porta chiusa: vita segreta delle decisioni istantanee.

Non molto tempo fa Vic Braden, istruttore di tennis di fama mondiale, iniziò a notare che, tutte le volte che vedeva una partita, gli scuccedeva una cosa strana.
Nel tennis il giocatore ha a disposizione due tentativi di battuta per giocare un servizio valido. se li sbaglia entrambi, è doppio fallo.
La cosa di cui Braden si accorse è che sapeva sempre in anticipo quando un tennista avrebbe commesso doppio fallo.

Un anno, al grande torneo di Indian Wells, nel sud della California, non lontano da casa sua, Braden decise di tenere il conto e scoprì di aver pronosticato, nelle partite che aveva visto, sedici doppi falli su diciassette.

“Ero letteralmente terrorizzato. Stavo per azzeccarne venti su centi, e stiamo parlando di gente che non fa doppio fallo quasi mai”.

I giudizi di questo genere sono, innanzitutto, velocissimi, si basano su fette d’esperienza sottilissime, ma sono anche inconsapevoli.

“Mio padre, si siede e ti imbottisce di teorie per spiegarti perchè fa quello che fa” racconta il figlio del finanziere miliardario George Soros.
“Mi ricordo che da ragazzino lo guardavo e pensavo: almeno per la metà sono sciocchezze. sapete perchè modifca la sua posizione sul mercato? Perchè la schiena iniza a fargli male da morire. Gli viene lettralmente un crampo: è il primo avvertimento”.

Per imparare a migliorare la qualità delle nostre decisioni, dobbiamo accettare la natura misteriosa dei giudizi istantanei.
Dobbiamo arrenderci al fatto che è possibile sapere senza sapere perchè, e che, a volte, è meglio cosi.


Una ventina di uomini e donne si riunirono nella saletta di un bar di Manhattan per un rituale noto come “speed-dating”, o “appuntamento-lampo”.

Ogni uomo, disse, avrebbe avuto sei minuti per conversare con ogni donna.
Le donne sarebbero rimaste sedute per l’intera serata e gli uomini sarebbero passati dall’una all’altra cambiando posto.

Lo speed-dating è diventato immensamente popolare in tutto il mondo negli ultimissimi anni, e non è difficile capire il perchè.
E’ il distillato di un appuntamento, la sua riduzione a un giudizio istantaneo.
Ognuno che sieda a uno di quei tavolini cerca di rispondere a una semplicissima domanda: ho voglia di vedere questa perona un’altra volta?

Braden ha avuto un’esperienza simile lavorando con atleti professionisti.
Nel corso degli anni ha cercato di parlare con il maggior numero possibile di campioni del tennis, chiedendo loro come giocano e perchè giocano cosi e, immancabilmente, è rimasto deluso.
“Con tutte le ricerche che abbiamo condotto con tennisti di primo piano, non ne abbiamo trovato uno che sapesse e fosse capace di spiegare esattamente e con coerenza quello che fa” racconta.
“In momenti diversi danno risposte dierse, oppure danno risposte semplicemente prive di senso”.


Braden si è trovato di fronte allo stesso problema con il giocatore di baseball Ted Williams, forse il più grande battitore di tutti i tempi, universalmente esaltato per la sua maestria e il suo intuito.
Una cosa che diceva sempre è che poteva vedere la palla sulla mazza, cioè riusciva a seguirne la traiettoria fino al momento dell’impatto.
Ora, lavorando con i tennisti, Braden ha scoperto che è impossibile.
Nell’ultimo metro e mezzo di volo verso il giocatore, la palla da tennis è troppo vicina e troppo veloce per poter essere vista.
Il giocatore, in quel momento, è come se fosse cieco.
Lo stesso vale per il baseball.

Gli dissi: “Senti, Ted, abbiamo appena condotto uno studio: nessun essere umano può seguire la palla fin sulla mazza, è una cosa di tre millesimi di secondo”.
Lui fu onesto.
“Allora” rispose “mi sarà soltando sembrato di riuscire a farlo”.

Noi, come essere umani, abbiamo questo problema: ci raccontiamo delle storie.
Siamo un pò troppo pronti a dare spiegazioni di cose per le quali in realtà non abbiamo una spiegazione.

Nelle storie d’amore lo capiamo bene.

Sappiamo di non poter descrivere razionalmente il tipo di persona di cui ci innamoreremo: per questo ci si da appuntamento e si esce insieme, per verificare le nostre teorie su chi ci attrae.
E tutti sanno che, per imparare a giocare a tennis o golf o a suonare uno strumento, è meglio avere un esperto che ti faccia vedere come si fa, invece di limitarsi a dirtelo.
Se noi impariamo dall’esempio e dall’esperienza diretta, è perchè le istruzioni verbali hanno dei limiti oggettivi.

La gente è all’oscuro di cio che influenza le sue azioni, ma raramente si sente “all’oscuro.”
Bisogna che accettiamo la nostra ingoranza e che diciamo più spesso “non lo so“.

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martedì 27 dicembre 2016

Thin-slicing: In un batter di ciglia.

La teoria delle “fette sottili”: come un granello di conoscenza possa portare molto lontano.

“I quattro cavalieri dell’Apocalisse”: atteggiamento difensivo, ostruzionismo, citica e disprezzo.
Ma, dei quattro, quello che considera più importante è il disprezzo.
Per Gottman, il disprezzo di uno o di entrambi i cogniugi nei confronti dell’altro è il principale indizio di crisi di matrominio.

Si potebbe pensare che la cosa peggiore sia la critica, spiega, perchè è una condanna globale del carattere dell’altro.
Ma il disprezzo è qualcosa di qualitativamente diverso.

Il disprezzo consiste proprio nel parlare dall’alto in basso.
E’ il tenttivo di mettere l’altro su un piano inferiore al tuo.
Una cosa gerarchica.

Il modello Big Five, un questionario a più item ritenuto molto affidabile, che misura la personalità in base a cinque dimensioni.
Estroversione. Siete un persona socievole o schiva? Vi piace divertirvi o stare un pò in disparte?
Gradevolezza o amabilità. Tendete a fidarvi o a sospettare? Siete disposti o restii a collaborare?
Coscienziosità. Siete organizzati o disorganizzati? Vi imponete una disciplina o la forza di volontà vi fa un pò difetto?
Stabilità emotiva. Tendete a preoccuparvi o siete una persona in genere serena? Siete sicuri o insicuri?
Apertura a nuove esperienze. Avete immaginazione o preferite stare con i piedi per terra? Tendete all’indipendenza di pensiero o al conformismo?

Il thin-slicing non è un talento misterioso, ma la qualità essenziale dell’essere umano.
Ce ne serviamo ogni volta che facciamo una nuova conoscenza o dobbiamo capire qualcosa in fretta o affrontiamo una situazione inedita.


E’ impressionante, per esempio, il numero delle professioni e discipline che dispongono di un termine per designare quella particolare capacità di riuscire a leggere in profondità anche nel più minuto frammento di esperienza.

Nel basket, del giocatore che sa cogliere tutto ciò che accade attorno a lui si dice che ha “court sense” (senso del campo).

Nelle forze armate, dei generali brillanti si dice che hannpo “colpo d’occhio”, cioè sanno “vedere” all’istante il campo di battaglia.
Napoleone aveva colpo d’occhio come Patton.

Se non potessimo afferrare una situazione complesssa in un battito di ciglia , il basket sarebbe un caos e i birdwatcher si ritroverebbero senza risorse.

Quello che chiamiamo libero arbitrio sia in gran parte un’illusione: per lo più procediamo con il pilota automatico, e il nostro modo di pensare e comportarci sull’impulso del momento e la sua efficacia sono molto più permeabili a influenze esterne di quanto crediamo.

Damasio ha studiato dei pazienti in cui una zona piccola ma cruciale del cervello chiamata “corteccia prefrontale ventromediale”, situata dietro il naso, è danneggiata.
L’area ventromediale svolge un ruolo fondamentale nel processo decidsionale.
Elabora possibilità e nessi, e veglia la montagna di informazioni che riceviamo dal mondo esterno, stabilendo priorità e piantando bandierine su quanto richiede la nostra attenzione immediata.
Chi ha riportato danni alla zona ventromediale resta perfettamente razionale.
Può essere estremamente intelligente e capace, ma non ha capacità di giudizio.
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giovedì 15 dicembre 2016

Inconscio adattivo: In un batter di ciglia.

Inconscio adattivo: in un batter di ciglia, di Malcolm Gladwell.
Nei primi due secondi, il tempo di una sola occhiata, erano riusciti a capire più di quanto avesse capito l’equipe del Getty in quattordici mesi.
Questo libro parla di quei due primi secondi.

Facciamo delle esperienze.
Ci pensiamo su.
Sviluppiamo una teoria.
E poi tiriamo le somme.
E’ cosi che funziona l’apprendimento.

Ghiandole sudoripare nelle palme delle mani.
Come la maggior parte delle ghiandole sudoripare, anche quese reagiscono allo stress oltre che alla temperatura.
E’ il motivo per cui, quando siamo nervosi, ci sudano le mani.

In momenti del genere, per capire una situazione, il nostro cervello ricorre a due strategie diversissime.
La prima è quella con cui abbiamo maggiore famigliarità.
E’ la strategia conscia.
Pensiamo a ciò che abbiamo imparato e, alla fine, arriviamo a una conclusione.
E’ una strategia logica, risolutiva, che però richiede ottanta carte.
E’ lenta e ha bisogno di una grande quantità di informazioni.
Ma ce n’è un’altra, molto più veloce.

Tuttavia presenta un inconveniente: almeno all’inizio, essa opera interamente sotto il livello della coscienza.
Trasmette i suoi messsaggi mediante strani canali indiretti, come le ghiandole sudoripare nelle palme delle mani.
E’ una strategia grazie alla quale il nostro cervello trae conclusioni senza informarci subito del fatto che sta traendo conclusioni.


L’area del cervello che salta a conclusioni come queste è chiamata “inconsio adattivo”.

L’inconscio adattivo non va confuso con l’inconscio descritto da Sigmund Freud, luogo oscuro e torbido pieno di desideri, ricordi e fantasie troppo inquietanti per farne oggetto di pensiero a livello conscio.
Esso va immaginato, piuttosto, come una sorta di gigantesco computer che, velocemente e senza fatica, processa una gran quantità di dati: quelli di cui abbiamo bisogno per continuare a funzionare come esseri umani.

La mente opera con il massimo di efficienza delegando una gran quantità di pensiero raffinato e di alto livello all’inconscio.

L’inconscio adattivo compie un’eccellente valutazione del mondo, segnalando pericoli, stabilendo obiettivi e innescando azioni in modo efficiente e sofisticcato.

Quando s’incontra per la prima volta qualcuno o si fa a qualcuno un colloquio di lavoro, quando ci si misura con un’idea nuova o ci si trova nella condizione di dover prendere una decisione in fretta o sotto stress, è la seconda area del cervello quella che si usa.

Quando un medico si trova di fronte a una diagnosi difficile, prescrive altri esami.
Quando non siamo sicuri di qualcosa, chiediamo un altro parere.
E che cosa diciamo ai nostri figli?
La fretta è cattiva consigliera.
Non saltare subito alla conclusione.
Pensa prima di aprir bocca.
Non giudicare un libro dalla copertina.
Siamo convinti che raccogliere il maggior numero di informazioni e dedicare quanto più tempo possibile alla decisione sia sempre la cosa migliore.

Ma vi sono momenti, specie quando si è sottopressione, in cui la fretta non è cattiva consigliera, e i giudizi istantanei e le prime impressioni possono offrire strumenti molto più efficaci per capire la situazione.

Una decisione presa in modo ultrarapido può essere altrettanto buona di una decisione presa con grande cautela e dopo lunghe riflessioni.

L’inconsio è una forza potente, ma non infallibile.
Non sempre il nostro computer interno è un raggio di luce che illumina all’istante la verità.
Spesso le reazioni istintive devono competere con interessi, emozioni e desideri di ogni genere.

Avanti > Thin-slicing.

La recensione del libro In un batter di ciglia di Malcolm Gladwell.

Inoltre potrebbe interessarti il tema della RESILIENZA.

Oppure "Saper incassare, perseverare."


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mercoledì 9 novembre 2016

Recensione libro: In un batter di ciglia di Malcolm Gladwell.

Recensione “In un batter di ciglia”.

Libro interessante che tratta il concetto di thin-slicing.
Alla fine del libro, però, non so dare bene una definizione di questo concetto.

Ma come, hai letto un libro di 250 pagine che tratta questo argomento e non sai darne una definizione?
No, non sono in grado di farlo.
Perchè?

Partiamo dal libro, scritto bene e con molti esempi pratici su fatti realmente accaduti.
I capitoli sono strutturati nel seguente modo: si racconta nella parte iniziale un evento, un fatto o un esperimento. Tramite questo si espone al lettore come si applica il thin-slicing nell’analisi di quello che l’esempio iniziale ha espresso.
Si cerca in pratica di spiegare perchè il personaggio dell’esempio si è comportato in un determinato modo piuttosto che in un altro.
Gli esempi pratici non mancano e sono molto chiari e azzeccati.
Si passa dall’esaminare una coppia sposata, all’analizzare nel minimo dettaglio tutte le micro espressioni del viso che avvengono come reazione a degli eventi specifici.

Viene descritto come il nostro inconscio gestisce e manda al nostro conscio segnali e interpretazioni dei primi due secondi di interazione con un oggetto o persona.

Esatto, oggetto o persona, perchè anche alla vista di un’opera d’arte i primi due secondi rivelano al nostro conscio cosa pensiamo veramente di questa opera.

Stesso analogo discorso sulle persone.
E’ un pò come "la prima impressione", quella sensazione di bene piuttosto che male che comunemente in italiano indichiamo come "a pelle."

In questo senso il libro è scritto molto bene, con esempi chiari e durante la lettura non è rado fermarsi e ricordare situazioni simili capitate anche a noi.

E’ presente un bel capitolo sull’intervento della polizia di New York all’interno di un palazzo in una strada del quartiere del Bronx che basa tutta l’analisi dei fatti accaduti sul concetto di pregiudizio (poliziotto bianco e potenziale delinquente nero). Si capisce, durante la descrizione dei fatti, come il pregiudizio vada a influenzare la parte conscia dei poliziotti, come li fa agire, come li fa prendere decisioni sbagliate una in seguito all’altra.
A causa del pregiudizio sul colore della pelle, la mente esegue azioni che ritiene corrette a prescindere, bloccando la possibilità di ascoltare e recepire i messaggi che arrivano dall’inconscio.

Fin qui tutto chiaro.
Nel libro quindi non mancano esempi pratici, come già detto, ma quello del quale sento la mancanza è il riassunto del concetto finale.
Nel singolo capitolo si tratta un esempio, una tesi a sostenere il perchè di un determinato comportamento ma mancano delle conclusioni chiare, lasciando al lettore il compito di riassumere le motivazioni che hanno portato alla definizione degli stessi comportamenti attuati.

Quello del quale ho sentito la mancanza alla fine di ogni esempio pratico è la spiegazione concreta del perchè.
E’ assente la messa a fuoco del concetto. Nonostante lo si intuisca benissimo, sarebbe stato interessante se fosse stato esplicato chiaramente alla fine del capitolo.

Il libro tratta oltre alla tecnica del thin- slicing anche quei processi, come i pregiudizi, preconcetti e idee che si sono instaurate in modo sbagliato nel nostro modo di pensare, che disturbano il rilevamento dei segnali che l’inconscio ci manda. Questi pensieri o abitudini, vietano al nostro incoscio di affiorare e suggerirci la cosa giusta, l’azione corretta da attuare, la sensazione di bene o male da recepire.

In conclusione: l’argomento è sicuramente interessante ma poteva essere trattato in maniera più ordinata.
Ecco forse è la mancanza di un filo logico tra un capitolo e l’altro che rende la lettura a tratti confusa.

In ogni caso sono 250 pagine che si lasciano leggere volentieri e velocemente anche se non lo inserisco tra i miei libri preferiti che consiglierei assolutamente.



venerdì 4 novembre 2016

Tennis: Il gioco interiore fuori dal campo.

Il gioco interiore fuori dal campo.

In sintesi ci preoccupiamo troppo e ci concentriamo male.

Anche gli ostacoli interiori sono sempre presenti: la mente che usiamo per ottenere i nostri obiettivi esterni viene facilmente distratta dalla sua tendenza a preoccuparsi, a rimpiangere, o a confondersi, provocando infinite difficoltà.

E’ utile ricordare che per quanto le nostre mete esterne siano molto varie, e richiedano abilità diverse per raggiungerle, gli ostacoli interiori provengono da un’unica origine e le abilità necessarie per superarli sono sempre le stesse.

Se non viene domato, il Sè 1 è capace di produrre paure, dubbi e delusioni dovunque siate e qualunque cosa facciate.

Imparare a dare il benvenuto agli ostacoli nella competizione aumenta automaticamente l’abilità di trarre vantaggio da tutte le difficoltà che si incontrano.

Forse lo strumeno più importante di questi tempi è l’abilità di retare calmi al cospetto dei cambiamenti rapidi e sconvolgenti.

Chi sopravvive meglio è chi riesce prima a non perdere la testa, quando tutti gli altri la perdono.
La stbilità interiore non si raggiunge nascondendo la testa nella sabbia davanti al pericolo, ma acquistndo l’abilità di vedere la vera natura di quello che succede e rispondere in modo adeguato.

Lo stress può aver vita facile quando siamo sottopostia vari tipi di pressione.
Mogli, mariti, datori di lavoro, bambini, bollette, pubblicità, la società stessa continueranno sempre a fare delle richieste: “fai questa cosa in modo migliore, fai quest’altra, devi essere cosi e non essere cosi, fai qualcosa della tua vita, assomiglia di più a lui o a lei, ora devi cambiare”.
Il messaggio non è diverso da: “Colpisci la palla così o cosà, e se non ci riesci sei un buono a nulla”.
Una cosa però è sicura: la pressione esterna non si placherà mai, e potrà anzi diventare sempre più intensa.

Spero che abbiate ormai capito che non vi sto proponendo quel tipo di pensiero positivo secondo cui le cose sono meravigliose anche quando non lo sono.
E nemmene quello per cui: “se penso di essere gentile lo sono, se penso di essere un vincente lo sono.”
Per quanto mi riguarda, questo è il Sè 1 che cerca di migliorare il Sè 1.
Un cane che si morde la coda.

Il messaggio del gioco interiore è semplice: mettete a fuoco.
Focalizzate l’attenzione sul momento presente, l’unico nel quale potete vivere.


Ecco il cuore di questo libro e il cuore dell’arte di far bene ogni cosa.

Focus significa non indugiare nel passato, pensando agli errori e ai trionfi andati.
Significa non farsi rapire dal futuro, che sia fatto di sogni o di paure.
Significa dare tutta l’attenzione al presente.
Focalizzare la mente significa non farla scorrazzare lontano.

Quando imparo che devo accettare quello che non posso controllare e controllare quello che è nelle mie possibilità, la stabilità aumenta.



Indietro < La competizione.

Riassunto degli altri capitoli: Il gioco interiore del tennis.

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Tennis: Il significato della competizione.

Il significato della competizione.

Di rado si riconosce che il bisogno di avere conferme è basato su insicurezza e dubbio.
Solo chi non sa chi è e quello che fa sente il bisogno di provare a se stesso o agli altri quanto vale.

Mancava però qualcosa.
Non avevo voglia di vincere, e pertanto mi mancava la determinazione.

Stavo giocando con una determinazione insolita; stavo giocando scollegato dalla mia mente.
In qualche modo, la rabbia mi aveva spinto oltre i miei limiti preconcetti.

Non voglio dire che giocare arrabbiati si la chiave per vincere.
L’aspetto importante di quella giornata fu che giocai sinceramente.
Quella sera ero arrabbiato, e lo espressi tramite il tennis.
Mi fece stare bene e funzionò.

Solo contro le onde più grandi può usare tutto il suo coraggio, la sua abilità e la sua concentrazione, solo in uel modo può rendersi conto dei propri limiti e arrivare al massimo.

Vincere vuol dire superare degli ostacoli per raggiungere una meta, ma il vero valore della vittoria è grande solo quanto il valore della meta raggiunta.

L’avversario naturalmente!
L’avversario è pertanto un amico o un nemico.
E’ un amico se fa il possibile per renderti le cose difficili, comportandosi da nemico.
Ogni giocatore si impegna al massimo per sconfiggere l’altro, ma in questo tipo di competizione non si batte l’altra persona, ma solo gli ostacoli che essa ci presenta.

Innanzitutto, invece di sperare che il vostro avversario commetta un doppio fallo, desidererete che metta la sua prima di servizio.
Il desiderio che la palla sia buona vi aiuterà a raggiungere uno stato mentale migliore per rispondergli.

“Lascia che accada”.
Significa massimo impegno fisico e mentale.



Si può però controllare l’impegno che si mette per vincere.
Si può sempre fare del proprio meglio, in ogni momemtno.

Una persona saggia una volta mi disse: “quando si tratta di superare gli ostacoli ci sono tre tipi di persone.
La prima considera insuperabili la maggior parte degli ostacoli e se ne va.
La seconda vede un ostacolo e dice: “posso farcela”, e comincia a scavare per passare sotto, ad arrampicarsi, o a cercare di abbatterlo.
Il terzo tipo di persona, prima di decidere se oltrepassare un ostacolo, cerca un punto di osservazione per riusire a vedere che cosa c’è oltre l’ostacolo.
Poi, solo se la ricompensa è all’alteazza del suo impegno, prova a superare l’ostacolo.