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giovedì 15 novembre 2012

Frasi Libri: Lance Armstrong - Non solo ciclismo, il mio ritorno alla vita 4.

Le frasi del libro: Lance Armstrong: Non solo ciclismo, il mio ritorno alla vita.

"Lance" disse Chris, "perchè stai giocando a golf? La tua professione è il ciclismo."
Ho scosso il capo , scettico. "Non lo so", dissi.
"Hai paura?".
Si, ce l’avevo. Ero stato forte come un toro, sulla bici, e se non lo fossi più stato? E se gareggiare mi avesse fatto ammalare di nuovo?

Ci ho pensato su per un paio di giorni. Una cosa è sottoporsi alla chemio e poi tornare al proprio lavoro di ragioniere. Ma fare il ciclista?
Non sapevo come sarebbe stato. Dopo la chemio, la scalata più faticosa delle Alpi assomigliava alla pianura più piatta.
Il 4 settembre 1987, sono andato all’Interbike Expo, con Bill, per annunciare il mio ritorno al ciclismo nella stagione 1998. Ho tenuto una conferenza stampa e ho riempito una stanza di giornalisti e di esperti di ciclismo informandoli della mia intenzione di tornare a gareggiare.
Ho spiegato la situazione ocn Cofidis ed ho detto apertamente che mi sentivo abbandonato.
Avevo perso un anno intero, a causa del cancro, e Cofidis aveva dei dubbi su di me proprio quando mi sentivo bene ed ero pronto a gareggiare di nuovo, dissi.
A questo punto, tutto il mondo ciclistico sapeva che ero stato messo all’asta.
Mi sono seduto ed ho aspettato che iniziassero le offerte.
Non ne sono arrivate.
Non mi volevano.

Un’altra squadra, Saeco-Cannondale, disse che poteva fare un’offerta ed ha fissato un appuntamento con Bill per il giorno seguente.

Nessuna squadra europea mi avrebbe ingaggiato.
Per venti chiamate che Bill faceva ne riceveva forse tre.


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Kik ha detto solo: "Sai, preferirei vivere un anno meraviglioso che sette mediocri. Ecco cosa ne penso. La vita è un’incognita. Non si sa mai. Neesuno lo sa".

Mentre ero malato, mi sono ripromesso che non avrei mai più bestemmiato, bevuto un’altra birra ne perso le staffe.
Volevo diventare il più bravo ragazzo che si potesse sperare di conoscere.
Ma la vita continua.
Le cose cambiano, le buone intenzioni si perdono.
Si beve un’altra birra.
Ci scappa un’altra bestemmia.

Ho smesso di sfogarmi con Bill, ma continuavo a rimuginare sul fatto che nessuno mi volesse.
Nessuna squadra europea mi voleva, e nemmeno quelle americane.
Nell’area della partenza, mi sono seduto in macchina, cercando di mantenermi caldo, ed ho pensato a quanto non volessi trovarmi in quel luogo.
Quando si cominciano a fare pensieri di quel tipo, le cose non possono di certo migliorare.

Il vento di traverso mi penetrava negli abiti e mi rendeva difficoltoso tenere la bicicletta, mentre pedalavo in maniera scomposta.
All’improvviso, ho portato le mani sull aparte superiore del manubrio.
Mi sono sistemato sulla sellae sono arrivato per inierzia fino alla transenna.
Mi sono messo da parte.
Ho lasciato.
Ho abbandonato la gara.
Mi sono tolto il numero.

Ho pensato: "Non è così che voglio trascorrere la mia vita, infreddolito, bagnato fradicio e nelle retrovie.
La decisione di abbandonare non aveva nulla a che vedere con le mie condizioni fisiche.
Ero forte.
Solo, non volevo stare la.
Non sapevo che andare in bicicletta, sopportando la pioggia ed il dolore, era quello che volevo fare per il resto della mia vita.

Non ho più nulla da dimostrare a me stesso, ne alla comunità del cancro, ecco tutto.

"Sai quelle gare, la Ruta del non so che e la Parigi-non so che?" disse Bill. "Nessuno in america ne ha mai sentito parlare, ragazzo. Nessuno qui sa che sei tornato sulla bicicletta.


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"Sono arrivato 14° alla Ruta del Sol", dissi, sulla difensiva.
"Lance", disse Bill, "sarai l’uomo che ha avuto il cancro e che non è mai tornato a gareggiare. E’ così che andrà".

E' stata una pacchia, giocavo a golf tutti i giorni, facevo sci nautico, bevevo birra e me ne stavo sul divano a guardare la televisione, passando da un canale all’altro.

Mi stavo comportando in una maniera che non era assolutamente appropriata, ed il motivo era la sopravvivenza. Era la classica situazione: "E adesso?".

Odiavo la bicicletta, ma pensavo: Cos’altro andrò a fare? Il ragazzo che porta il caffè in ufficio? Non mi sentivo un campione in modo altro.. Non sapevo cosa fare e, per il momento, volevo solo fuggire, ed è ciò che ho fatto. Mi sono sottratto alle mie responsabilità.
Adesso so che sopravvivere al cancro implicava molto di più di una semplice convalescenza del corpo. Anche la mia mente e la mia anima avevano bisogno di un periodo di convalescenza.

"Lance", disse kik, "cosa faccio io oggi?".
"Cosa vuol dire?"
"Ti importa quello che farò io?".
"Oh scusa", dissi.
"Cosa faccio oggi?" disse. "Cosa faccio? Dimmelo".
Sono rimasto in silenzio. Non sapevo cosa dire.
"Devi prendere una decisione", mi disse. "Devi decidere se ritirarti per davvero e diventare uno zoticone che gioca a golf, beve birra e mangia messicano. Se è così, va bene. Ti amo e ti sposerò comunque. Ma devo saperlo, così posso farmi forza ed andare la fuori a cercarmi un lavoro per mantenere te che giochi a golf. Basta che tu me lo dica".
"Ma se non hai intenzione di ritirati, allora devi capirlo e smetterla di mangiare e bere come stai facendo adesso e di vivere da parassita, perchè tu, non decidendo, stai decidendo, e così diventi un non-Lance."

"Va bene", dissi. "Lascia che ci pensi un pò su".
Sono andato a giocare a golf comunque, perchè sapevo chec a kik non importava. Il problemaq non era il golf. Il problema era ritrovare me stesso.
Abbiamo continuato a pedalare, sotto una pioggia costante, per quattro ore, e poi cinque. Arrivati ai piedi della Beech, eravamo sulla bicicletta già da sei ore, inzuppati. Ma mi sono alzato sui pedali ed ho spinto la bicicletta su per la salita, lasciando indietro Bob Roll.
Mentre affrontavo la scalata, ho avuto una visione quasi soprannaturale: sulla strada c’era ancora scritto il mio nome.
Sono passato con le ruote sopra le lettere gialle e bianche, ormai sbiadite. Ho guardato verso il basso, tra i miei piedi. C’era scritto, anche se non nitidamente, Viva Lance.
La scalata ha fatto scattare qualcosa in me. Mentre mi davo da fare per salire, riflettevo sulla mia vita, ripercorrendo tutti i momenti importanti, l’infanzia, le prime gare, la malattia, e come mi ha cambiato. Forse è stato l’atto primitivo di salire a farmi afforntare le questioni che avevo evitato per settimane. Ho capito che era arrivato il momento di smettere di temporeggiare. Muoviti, mi sono detto. Se puoi ancora muoverti, non sei malato.

Mentre continuavo a salire, ho visto tutta la mia vita. Ne ho visto i contorni e le prerogative, ed anche lo scopo. Era semplicemente questo: ero nato per una lunga, faticosa scalata.

Non è stato tutto così semplice come saltare sulla bicicletta e vincere. Ci sono stati molti alti e bassi, risultati positivi e negativi, ma questa volta non mi sono fatto demoralizzare da quelli negativi.

A luglio , ho saltato il Tour de France, in quanto non ero ancora pronto per la faticosa routine di una gara a tappe di tre settimane.
Ho fatto alcuni commenti per la televisione ed ho osservato il tutto dalla strada. Mentre quel tour si trasformava nella gara ciclistica più polemica e traumatica della storia. In una serie di controlli a sorpresa sulle automobili delle varie squadre, la polizia francese aveva trovato intere scorte di EPOe di sostanze anabolizzanti. Sono stati arrestati i menbri e i responsabili delle squadre, si sospettava di tutti, mentre i ciclisti erano furibondi per i metodi utilizzati dalle autorità.
Delle 21 squadre all’inizio della gara, solo 14 sono arrivate in fondo - una è stata espulsa, mentre le altre cinque hanno abbandonato per protesta.

Il doping è una triste realtà del ciclismo, come di qualsiasi altro sport di resistenza.
Inevitabilmente, pensano che le cose vadano come le armi nucleari - bisogna ferne uso, se si vuole rimanere competitivi all’interno del gruppo.
Personalmente, non l’ho mai vista così e, di certo, dopo la chemio, avevo la repulsione ad introdurre qualsiasi sostanza estranea nel mio corpo.

Quello che si impara durante la sopravvivenza è che, dopo tutto il clamore, quando la disperazione e la crisi sono finite, dopo che si è accettata la proppria malattia e si è festeggiato il ritorno a una vita sana, sono proprio la solita routine e le vecchie abitudini, come farsi la barba al mattino con uno scopo, un lavoro da svolgere, una moglie da amare e un figlio da crescere, che, come i fili, cuciono insieme i propri giorni, in un quadro generale che merita il nome di vita.

La vita è lunga - se tutto - va bene. Ma lunga è un termine relativo: un minuto può sembrare un mese, quando si pedala in salita, ed è per questo che poche cose sembrano più lunghe di un tour de France.

Sarebbe facile considerare il Tour de France l’impresa monumentale ed illogica di 200 corridori che percorrono in bicicletta l’intero perimetro della Francia, montagne comprese, per tre settimane nella calura estiva.
Non vi è alcun motivo per tentare un’impresa tanto idiotra, se non il fatto che alcune persone, ossia alcune persone come me, sentono il bisogno di cercare il massimo della loro capacità di resistenza al fine di autodefinirsi (io sono l’uomo che può farlo).

Ero intenzionato a sacrificare l’intera stagione per prepararmi al Tour. Ho puntato tutto su quello.

Le frasi del libro: Lance Armstrong: Non solo ciclismo, il mio ritorno alla vita.

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