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mercoledì 3 gennaio 2018

Frasi Resilienza. Perseverare è umano: Pietro Trabucchi. Espandere il senso di autoefficacia.

Espandere il senso di autoefficacia.
Non esistono condizioni meteo sfavorevoli, esistono uomini che si arrendono.
Cit. Bill Bowerman.

Non è perchè le cose sono difficili che non osiamo farle, è perchè non osiamo farle che diventano difficili. Seneca.

Uno dei principali ostacoli alla motivazione è rappresentato da un debole senso di autoefficacia.
Chi pensa che difficilmente ce la farà, chi nutre forti dubbi sulle sue possibilità di riuscita non si impegnerà per raggiungere un obiettivo.

Ma che cos’è il senso di autoefficacia?
E’ un processo cognitivo che riguarda ambiti specifici: attiene alla mia convinzione di riuscita in contesti molto delimitati.
Per esempio, posso avere un basso senso di autoefficacia in cucina, e allo stesso tempo - e senza che questo venga vissuto come una contraddizione - avere un elevato senso di autoefficacia come nuotatore.

L’autostima invece è una cosa diversa: è la percezione generale del mio valore come persona. Non riguarda le mie capacità, riguarda il mio valore.
E’ un pò il bilancio generale di noi stessi in termini di “mi piaccio”, “non mi piaccio”.



Il senso di autoefficacia si sviluppa attraverso le esperienze di successo: più successi ottengo, più mi sento bravo e capace, più sono motivato a fare.
Eseprienze occasionali di insuccesso non compromettono questa percezione, specialmente quando è consolidata; invece sistematiche esperienze di fallimento l’azzerano.

Un problema più sottile, però, si verifica quando permettiamo non alle esperienze reali, ma ai nostri “sabotatori interni” di prevalere.


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giovedì 7 dicembre 2017

Frasi Resilienza. Perseverare è umano: Pietro Trabucchi. Sviluppare la resilienza individuale, sostenere l’automotivazine.

Sviluppare la resilienza individuale, sostenere l’automotivazine.

Convincersi di farcela, tenere duro: i due cardini dell’automotivazione.

La resilienza ha due anime.

Vediamo il primo caso di “demotivazione”.
E’ la situazione di qualcuno che non si impegna per ottenere un obiettivo, non perchè non vi aspiri, ma perchè ritiene di non poterlo raggiungere.
La frase tipica che riassume la situazione è: “Tanto non ce la farò mai, quindi meglio lasciar perdere!”.

Sentirsi autoefficace significa sentirsi adeguato o capace di raggiungere un dato obiettivo.

Il “senso di autoefficacia” è uno dei principali componenti della resilienza .
Quando manca la convinzione di potercela fare, di potere superare gli ostacoli, la motivazione risulta debole e crolla alle prime difficoltà.
Tuttavia il nostro linguaggio utilizza il termine “demotivazione” anche per indicare una situazione completamente diversa.

In questo caso parliamo di “demotivazione” da bassa capacità volizionale, cioè da scarsa volontà.
Se la frase tipica della prima situazione era :”Tanto non ce la farò mai, quindi meglio lasciar perdere!”, quella della seconda è: “Ma chi me lo fa fare?”, Oppure : “Non ne vale la pena!” O ancora: “Troppo sbattimento!”.
Le capacità volizionali rappresentano l’altro componente centrale della resilienza.

Senza capacità volizionali, la motivazione si arresta al primo sentore di disagio, alle prime fatiche.
E i desideri restano semplici velleità.


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lunedì 27 novembre 2017

Frasi Resilienza. Perseverare è umano: Pietro Trabucchi. Automotivazione. I punti chiave.

La motivazione intrinseca o automotivazione, legata al piacere di sentirsi capaci, ha una base biologica profonda.
Da essa dipende la nostra sopravvivenza come animali non specializzati che nascono con un cervello incompiuto.
Questo tipo di spinta motivazionale genera più impegno di qualsiasi altra motivazione basata su rinforzi esterni (autortità, sanzioni, incentivi).

Facendo leva sul senso di competenza, sul piacere di farcela, possiamo ottenere dalle persone un impegno straordinario.
Chi è mosso dalla motivazione intrinseca è più resiliente.
La sua spinta motivazionale non viene demolita dalle difficoltà come invece succede comunemente con chi è mosso da rinforzi esterni.
Essa infatti trasforma gli ostacoli in sfide.
Solo sulla base del senso di competenza, del piacere di sentirsi capaci, è possibile spiegare come mai ci siano cosi tanti partecipanti a gare massacranti come il Tor De Géants.



Le performance degli atleti straordinari che vincono queste gare non possono essere spiegate interamente con dati fisiologici.
Cosi come non è stato trovato un fattore fisico che spieghi lo strapotere africano in certe discipline di resistenza.
Il vantaggio è mentale, ma la loro resilienza sbalorditiva ha anche una base culturale.
Essa si fonde su “modelli di impegno”, cioè modelli di accettazione del disagio, della sofferenza e della responsabilità che in età giovanile vengono assorbite tramite figure di riferimento e veicolaate a te dall’educazione.
La superiorità della società spartana tra i greci antichi non può essere spiegata su base genetica (i greci di allora erano geneticamente identici fra loro e sono geneticamente identici a quelli di oggi) o di selezione dei talenti.
Era l’Agoghè, il sistema educativo spartano, che faceva la differenza.


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mercoledì 19 luglio 2017

Frasi Resilienza. Perseverare è umano: Pietro Trabucchi. l’effetto dei modelli culturali su automotivazione e impegno.

La volpe di Sparta: l’effetto dei modelli culturali su automotivazione e impegno.

Spiega Ulrich: "Credo che oggi si sia più infelici di allora.
Oggi la gioventù ha troppo e si lamenta subito.
Una volta non si aveva nulla o comunque poco, ma la gente era più felice e non si lamentava come adesso.
Oggi c’è chi si suicida per un semplice contrattempo".

Qualche volta la resilienza trae origine da esperienze giovanili di mancanza, di disagio o di sofferenza personale.

I greci dicevano che Eros, il desiderio, era figlio di Penia, la mancanza.
Fuor di metafora, i greci avevano capito che la spinta motivazionale è tanto più forte quanto più origina dal desiderio di "farcela", di sentirsi capace, di superare le proprie incapacità.
A volte questa spinta diventa fortissima nelle persone che hanno vissuto esperienze precoci di vulnerabilità.

Molti sono finiti emarginati.
Del resto non tutti i giovani del ghetto diventano grandi pugili o star del rap.
L’equazione "disagio giovanile = resilienza da adulti" risulta spesso troppo semplicistica.
Qualche volta funziona.
Qualche volta la magia non riesce.
Ma la maggior parte delle volte fallisce.
Ci vogliono altri ingredienti che stimolino il desiderio di riuscita oltre al vissuto pregresso di vulnerabilità: e questi ingredienti sono i modelli di impegno, uniti alla possibilità di sperimentare occasionalmente un pò di frustrazione e disagio.


Per "modelli di impegno" intendo degli schemi cognitivi che vengono assimilati durante l’infanzia dalle figure di riferimento.
Il termine "schemi cognitivi" indica delle modalità consolidate di vedere e valutare il mondo.

L’esempio del padre insegnava loro a equilibrare le aspettative, a vedere la fatica come un elemento naturale per raggiungere lo scopo.

E’ un segreto che appartiene al cognitivo, non alla genetica.

La cultura media tutti i nostri atteggiamenti.
Perfino la percezione del dolore.
Conoscete la storia del ragazzino spartano e della volpe.

Ancora oggi ai nostri occhi Sparta simboleggia la forza del cambiamento che i modelli culturali e l’educazione hanno sugli individui.
Sono i modelli culturali a plasmare gli schemi cognitivi e, di conseguenza, i loro comportamenti.
Oggi la scienza ha dimostrato definitivamente che la percezione del dolore è mediata culturalmente.


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