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mercoledì 1 marzo 2017

Cecità mentale. Stress estremo. In un batter di ciglia.

Discutere con un cane.
Al cinema e nei film polizieschi si spara in continuazione.
Si spara, si insegue la gente, a volte si ammazza e, quando si ammazza, si fuma una sigaretta in piedi accanto al cadavere e poi si va a bere una birra con il collega.

A dare retta a Hollywood, sparare è un’attività piuttosto comune e banale.
In verità, non lo è affatto.
La maggior parte dei poliziotti, ben oltre il 90 per cento, giunge all’età della pensione senza aver mai sparato a nessuno, e chi l’ha fatto ne parla di qualcosa cosi incredibilmente scioccante che sembra legittimo chiedersi se sparare non possa essere un tipo di esperienza in grado di causare una transitoria forma di autismo.

Eppure, glli stessi particolari ricorrono più volte nelle interviste ad agenti di polizia coinvolti in scontri a fuoco: una visione estremamente nitida e focalizzata, l’attutirsi dei rumori, la sensazione che il tempo rallenti.
E’ così che il corpo umano reagisce a uno stess estremo, ed è comprensibile.
La mente, di fronte a un pericolo mortale, limita drasticamente la gamma e la quantità di informazioni che dobbiamo gestire.
Rumori, memoria, visione più apia del contesto sono sacrificati a favore di una più acuta consapevolezza della minaccia che incombe su di noi.

Dave Grossman, ex tenente colonnello dell’esercito e autore di On Killing, sostiene che lo stato ottimale di eccitazione, in cui lo stress migliora le prestazioni, è quello in cui la frequenza del battito cardiaco è compresa tra le 115 e le 145 pulsazioni al minuto.

E il campione di basket Larry Bird diceva che nei momenti critici della partita il campo diventava tranquillo e i giocatori sembravano muoversi al rallentatore.

Ma pochissimi giocatori di basket vedono il campo chiaramente come lo vedeva Larry Bird, perchè pochissimi giocano in quella gamma ottimale.

La maggior parte di noi, quando è sotto pressione, si eccita troppo, e oltre una certa soglia di eccitazione il corpo inizia a chiudere cosi tante fonti di informazioni che cominciamo a diventare inefficienti.


“Oltre le 145 pulsazioni al minuto” osserva Grossman “iniziano a succere brutte cose.
Le capacità motorie complesse cominciano a venire meno.
Fare una cosa con una mano e non con l’altra diventa difficilissimo.

A 175 si inizia ad assistere a un crollo completo dell’elaborazione cognitiva.
Il prosencefalo si blocca e il mesencefalo, la parte del cervello che abbiamo in comune con il nostro cane (tutti i mammiferi ce l’hanno), si fa avanti e prende il sopravvento. Ha mai cercato di discutere con un essere umano arrabbiato o spaventato? E’ impossibile. E’ come cercare di discutere con il nostro cane.”

La visione si fa ancora più ristretta, il comportamento impropriamente aggressivo.
In un incredibile numero di casi, le persone fatte oggetto di spari evacuano, perchè all’alto livello di minaccia rappresentato da un battito cardiaco a 175 e oltre il corpo considera questo tipo di controllo fisiologico come un’attività non essenziale.

Il sangue si ritira dagli strati muscolari esterni e ci concentra nella massa muscolare centrale.
La ragione evoluzionistica è di rendere i muscoli il più duri possibile, trasformarli in una specie di corazza per limitare il sanguinamento in caso di ferita.
Ma cosi diventiamo impacciati e inabili.

Per questo, consiglia Grossman, dovremmo esercitarci a comporre al telefono il numero della polizia: ho sentito di troppi casi in cui, in condizioni di reale emergenza, non si riesce a compiere questo gesto elementare.

Con il cuore che batte all’impazzata e il coordinamento motorio che viene meno, si sbaglia numero perchè non ci si ricorda quello giusto, ci si dimentica di premere l’ok sul cellulare, o semplicemente, non si riescono a trovare le cifre con il dito.
“Bisognerebbe esercitarsi” afferma Grossman.
“Solo chi è esercitato ce la fa”.


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