Questo mese in evidenza:

martedì 29 marzo 2016

Frasi Lance Armstrong. The fall. Ascesa e caduta. Parte 2.

Frasi Lance Armstrong. The fall. Ascesa e caduta.

Ma avrebbe affermato anche di non aver conosciuto nessun professionista che non avesse almeno fatto un tentativo.
Il ciclismo è uno sport troppo difficile, talvolta impossibile se non si ricorre a nessun aiuto farmacologico, soprattutto quando ci si trova ad affrontare corse a tappe di tre settimane come il Tour de France.

“Io prendo questa roba, fa parte di ciò che faccio”.
Armstrong si era adattato agli usi della squadra senza esitare, perchè lo facevano tutti.


Quel ricorso a farmaci illeciti era considerato normale e veniva fatto alla luce del sole.

All’inizio degli anni Novanta meno della metà delle squadre professioniste avevano un medico tra le proprie fila.
Erano quelle che avevano compreso i vantaggi del doping.
“Tutta quella roba implicava un livellamento delle prestazioni, nel contesto del quale il miglior medico significava migliori risultati”.

L’intero programma fosse condotto sotto la supervisione di Max Testa, un italiano che nel dicembre 2013 lavorava ancora nello sport e conduceva una clinica di medicina sportiva nello Utah.

Armstrong apprezzava il lavoro di Testa, al punto che si trasferisce in Italia per trovarsi nelle vicinanzae dello studio medico, a Como.

20 aprile 1994: tre corridori della Gewiss-Ballan, una squadra che ha sede in Italia, salgono sul podio con le loro uniformi rosse, azzurre e blu dopo aver dominato la Freccia Vallone, una corsa di un giorno che si tiene nella regione collinosa delle Ardenne, in Belgio.

A circa cinquanta chilometri dal traguardo, i ciclisti della Gewissi sono staccati dal gruppo e, come Armstrong commenterà in seguito “hanno demoralizzato tutti”.
Hanno continuato ad accellerare, mentre il plotone si è trasformato in una macchiolina alle loro spalle.

Moreno Argentin è giunto per primo al traguardo, i suoi compagni di squadra Giorgio Furlan ed Evgenij Berzin sono arrivati rispettivamente secondo e terzo.
E’ proprio li, in Belgio, nel 1994, che i ciclisti del plotone, esausti, realizzano che molti nel mondo dello sport credono nel potere straordinario dell’eritropoietina.


A quel punto Ferrari, che ha sempre negato di dopare i suoi atleti, pronuncia una frase che lo tormentaterà per anni: “L’eritropoietina non è pericolosa, se non se ne abusa.
Anche bere dieci litri di succo d’arancia può essere pericoloso”.

In parole povere, per Ferrari è solo una questione di colazione equilibrata.


Lo stesso Testa si rende conto che nn può fare a meno dell’EPO e rinuncia a ogni tentativo di tenere la sostanza lontana dai corridori.

E’ il 18 marzo 1995: il giorno prima, tornando a casa dalla Milano-Sanremo, che ha concluso al settantatresimo posto, Armstrong ha confidato a Hincapie, suo amico di lunga data: “Sono tutte balle.
La gente usa quella roba.
Ci faremo schiacciare!”.

E sono tutti d’accordo: non si può fare a meno dell’EPO, che è ormai diffusissima.

I ciclisti hanno già sentito parlare di alcuni colleghi che mettono la sveglia per alzarsi in piena notte e fare esercizi, in modo che il sangue, ispessito dall’eritropoietina, non provochi loro un arresto cardiaco durante il sonno.

Il dottor Ferrari, alto, magro e un pò stempiato, aveva studiato all’Università di Ferrara sotto Francesco Conconi, un ricercatore ritenuto il padre della medicina dello sport italiana.
A suo tempo, Conconi aveva fatto parte della commissione antidoping del CIO e sapeva molte cose sull’EPO.
Il CIO l’aveva infatti retribuito generosamente perchè ideasse un test per identificare la sostanza.
Conconi, però, faceva il doppio gioco e, mentre il CIO lo pagava perchè l’aiutasse a scoprire gli abusi, lui riforniva sciatori e ciclisti di EPO.

I medici gli fanno un esame con gli ultrasuoni, e una bella radiogrfia al petto.
Poi gli danno la brutta notizia. “Bene, la questione è seria”, dice il dottor Reeves.
“Si tratta di un cancro testicolare con ampie metastasi ai polmoni”.
Tra le cinque e mezza e le cinque e tre quarti del pomeriggio, il telefono di Neal squilla: è Armstrong.
“Ho un cancro ai testicoli”, gli rileva.
“Non so cosa fare”.
Armstrong è sconvolto, Neal è scioccato.
Ora sono tutti e due malati di cancro.
Nel giro di pochi giorni, i medici scoprono che il cancro di Armstrong ha già raggiunto l’addome e il cervello.
Secondo l’equipe medica, le sue speranze di sopravvivenza non superano il cinquanta per cento.

La convenzione è però bruscamente interrotta dall’arrivo di due uomini in camice bianco.
Devono compilare l’anamnesi del paziente.


0 commenti:

Posta un commento