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mercoledì 12 settembre 2012

Frasi libri belle: L'ipnotista di Lars Kepler -2.

Le frasi del libro: L'ipnotista di Lars Kepler.

Charlotte aveva annuito; evidentemente riusciva a sentirmi, poteva seguire le mie parole senza più distinguere la realtà dell’ipnosi da quella dello stato di veglia. Grazie all’ipnosi profonda era come se stesse guardando un film in cui recitava lei stessa. Era nel contempo spettatrice e protagonista, mantenendo però una sola identità, e quindi senza risvolti schizofrenici.

Ci eravamo quasi svegliati. Il confine oltre il quale la realtà si dissolve sotto l’’influsso rimaneva sempre indefinito, annche quando lo si attraversava dalla direzione opposta seguendo il percorso per tornare indietro al territorio della coscienza.

Maja non si era messa a ridere, era ben addentro alla questione e sapeva che una delle mie ipotesi, la più azzardata, ma anche la più esplosiva, partiva dalla struttura ancestrale della fiaba: trasformare le persone in animali era uno dei modi più antichi dell’umanità di raccontare quello che altrimenti sarebbe stato proibito, o perchè troppo spaventoso, o perchè troppo attraente.

Le avevo invece spiegato la mia idea secondo cui il libero arbitrio in stato di ipnosi vine elimitato dal fatto che ciascuno può mentire persino a se stesso.

Che cosa mi stava capitando? com’era possibile che mi fossi lasciato convinecere a fotografare Maja nuda?
Era bella, seducente. Mi ero sentito adulato. Bastava così poco?
Avevo capito con mio grande stupore di avere scoperto un mio punto debole: ero vanitoso.
Nulla dentro di me lasciava intendere che fossi innamorato di lei. Era la mia vanità ad essere appagata quando stavo con Maja.


Mi sentivo lo sguardo bruciante di Simone sulla schiena.
Avrei dovuto dirle la verità, ma ero terrorizzato all’idea di perderla. Non avrei nemmeno saputo da dove cominciare. E così non ne avevo avuto il coraggio.

"Erik, non è proprio il caso di fare l’arrogante in questa situazione" aveva detto piano.
"Si, invece, quando c’è qualcuno chemente spudoratamente", aveva replicato con un sorriso beffardo.

Erik e Simone si erano chiesti se la psicologa avesse semplicemente voluto tranquillizzarli, perchè era ovvio che Benjamin avesse bisogno di aiuto. Ma Erik sapeva che già in quel momento era iniziato il processo di rielaborazione dei ricordi e che Benjamin rischiava di mascheraare quanto gli era accuduto sotto una serie di meccanismi di difesa che lo avrebbero imprigionato inesorabilmente nel suo passato, impedendogli di superare il trauma.

Solo allora qualcosa dentro di lei aveva cominciato a rilassarsi. Si era resa conto che finalemnte era finita. Che aveva ritrovato Benjamin.

Simone osserva suo figlio. E’ terribilmente sciupato. Ma c’è anche qualcosa d’altro, pensa. E' come se si portasse dentro un peso, qualcosa che gli risucchia i pensieri, assillandolo di continuo. Non è davvero presente. E' come se tenesse lo sguardo rivolto dentro se stesso, pensa, rivolto verso un’immagine riflessa su un vetro scuro.

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