Le frasi del libro: L'ipnotista di Lars Kepler.
Ci sono momenti in cui con tutti gli atomi del nostro corpo intuiamo che c’è qualcosa di sbagliato.
Simone fa un cenno e d’improvviso si rende conto che tutti i sentimenti sono interconnessi, che nessuna relazione può essere indipendente e circoscritta, che ogni cosa è attraversata da ogni altra.
Tanto, alla fine tutti restiamo soli, prima o poi, dice fra sè.
Kennet pensa a quante volte in vita sua ha visto e sentito la paura. Sa bene cosa si prova, perchè nessuno è senza paura.
"Shinobi, che è sinonimo di ninja in giapponese, ha in realtà due significati. Può volor dire "colui che si apparta", ma anche "colui che sopporta."
"Sopporta?"
"E’ probabilmente la cosa più difficile al mondo."
"Da soli non ci si riesce, almeno non io."
"Nessuno è solo."
"Io non ce la faccio", sussurra Simone. "Sono a pezzi, devo smetterla di far girare il cervello a vuoto, non vado da nessuna parte così. Non faccio che pensare e ripensare."
"Le catastrofi ci cambiano, ci constringono a una metamorfosi", dice Simone in tono esitante.
Simone si lascia guidare, come se avesse sempre saputo che lei e Shulman sarebbero finiti insieme in una camera da letto. Ha sempre desiderato di farlo e si è trattenuta solo perchè non voleva essere come sua madre, o come Erik, uno capace di mentire sulle telefonate. Il tradimento non le appartiene, ha semnpre innanlzato una barriera fra sè e l’infedeltà.
Non so da chi andare, pensa, e quasi contemporaneamente si accorge di quanto sia ironico questo pensiero.
Lui, che ha dedicato tanto tempo a studiare la dinamica dei gruppi sociali e la psiocoterapia collettiva, si trova improvvisamente solo, senza nessuno, del tutto isolato.
Non c’è nemmeno una persona a cui possa rivolgersi, nessuno con cui valga la pena scambiare due parole.
Eppure era stata la forza collettiva che l’aveva spinto avanti nella sua professione.
Aveva cercato di capire la ragione per cui gli uomini sopravvissuti a una guerra riuscivano con maggiore semplicità a elaborare i prorpi traumi rispetto a coloro che erano rimasti soli dopo aver subito qualche genere di trauma diverso.
Voleva capire com’era possibile che le ferite di un gruppo di persone torturate tutte insieme guarissero meglio di quelle di altre torturate una per una, separatamente.
Cos’è che ci unisce in questa comunanza? Si era chiesto.
Il rispecchiamento? La canalizzazione, la normalizzazione o semplicemente la solidarietà?
Avevano dovuto rimuovere l’accaduto.
Nessuno di loro era davvero consapevole di quello che era successo, sapevano solo che il passato aveva distrutto le loro vite.
Perchè il passato non è morto e sepolto, in realtà non è neppure passato, per dirla com Faulkner. Ogni piccolo accadimento del passato condiziona il soggetto anche nel presente.
Ogni esperienza pregressa influenza in qualche modo le scelte di ciascuno e nel caso di esperienze traumatiche, il passato fagocita il presente.
Ci sono momenti in cui con tutti gli atomi del nostro corpo intuiamo che c’è qualcosa di sbagliato.
Simone fa un cenno e d’improvviso si rende conto che tutti i sentimenti sono interconnessi, che nessuna relazione può essere indipendente e circoscritta, che ogni cosa è attraversata da ogni altra.
Tanto, alla fine tutti restiamo soli, prima o poi, dice fra sè.
Kennet pensa a quante volte in vita sua ha visto e sentito la paura. Sa bene cosa si prova, perchè nessuno è senza paura.
"Shinobi, che è sinonimo di ninja in giapponese, ha in realtà due significati. Può volor dire "colui che si apparta", ma anche "colui che sopporta."
"Sopporta?"
"E’ probabilmente la cosa più difficile al mondo."
"Da soli non ci si riesce, almeno non io."
"Nessuno è solo."
"Io non ce la faccio", sussurra Simone. "Sono a pezzi, devo smetterla di far girare il cervello a vuoto, non vado da nessuna parte così. Non faccio che pensare e ripensare."
"Le catastrofi ci cambiano, ci constringono a una metamorfosi", dice Simone in tono esitante.
Simone si lascia guidare, come se avesse sempre saputo che lei e Shulman sarebbero finiti insieme in una camera da letto. Ha sempre desiderato di farlo e si è trattenuta solo perchè non voleva essere come sua madre, o come Erik, uno capace di mentire sulle telefonate. Il tradimento non le appartiene, ha semnpre innanlzato una barriera fra sè e l’infedeltà.
Non so da chi andare, pensa, e quasi contemporaneamente si accorge di quanto sia ironico questo pensiero.
Lui, che ha dedicato tanto tempo a studiare la dinamica dei gruppi sociali e la psiocoterapia collettiva, si trova improvvisamente solo, senza nessuno, del tutto isolato.
Non c’è nemmeno una persona a cui possa rivolgersi, nessuno con cui valga la pena scambiare due parole.
Eppure era stata la forza collettiva che l’aveva spinto avanti nella sua professione.
Aveva cercato di capire la ragione per cui gli uomini sopravvissuti a una guerra riuscivano con maggiore semplicità a elaborare i prorpi traumi rispetto a coloro che erano rimasti soli dopo aver subito qualche genere di trauma diverso.
Voleva capire com’era possibile che le ferite di un gruppo di persone torturate tutte insieme guarissero meglio di quelle di altre torturate una per una, separatamente.
Cos’è che ci unisce in questa comunanza? Si era chiesto.
Il rispecchiamento? La canalizzazione, la normalizzazione o semplicemente la solidarietà?
Avevano dovuto rimuovere l’accaduto.
Nessuno di loro era davvero consapevole di quello che era successo, sapevano solo che il passato aveva distrutto le loro vite.
Perchè il passato non è morto e sepolto, in realtà non è neppure passato, per dirla com Faulkner. Ogni piccolo accadimento del passato condiziona il soggetto anche nel presente.
Ogni esperienza pregressa influenza in qualche modo le scelte di ciascuno e nel caso di esperienze traumatiche, il passato fagocita il presente.
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