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martedì 15 marzo 2016

Jhon McEnroe - Sul serio. Frasi parte 5.

Frasi di Jhon McEnroe - Sul serio.

In dicembre partecipai per la prima volta agli Open di Australia.
A quell’epoca il torneo si disputava ancora su erba, nel venerando stadio Kooyong di Melbourne, l’antico regno di Harry Hopman.

In passato, fare un viaggio così lungo per un torneo maggiore in tono minore (se mi concedete il gioco di parole) mi era sembrato eccessivo.

Non ero capace di prendere le cose con leggerezza.
Non avevo ancora imparato la lezione: se stai con una donna bellissima e famosa, devi pagare il prezzo.

Era la metà degli anni ottanta e le droghe erano diffuse nel circuito, dove i soldi per potersele permettere non mancavano, quanto nel resto della società.
(Sospetto che anche steroidi e anfetamine, perfino allora, cominciassero a infiltrarsi ai livelli più alti del tennis).

Non fui mai costretto a darmi troppo da fare: quando sei il numero uno non cerchi le occasioni, le cogli.

All’improvviso, la mia notorietà andò alle stelle: i personaggi che ammiravo da sempre adesso ammiravano me, che si trattasse di Jack Nicholson, Mick Jagger o Carlos Santana.
Quest’ultimo, durante un concerto, disse alla folla: “voglio dedicare la mia prossima canzone a Jhon McEnroe” poi si lanciò in un lungo monologo su quanto fossi meraviglioso.

Comunque metà della colpa fu mia.
Non ero abbastanza concentrato sulla partita.
Non è una grande scusa.
Ma sono cose che capitano quando una squadra non è veramente una squadra.




Sempre a Milano, nel mio primo turno mi ero liberato in fretta di un tedesco grande e grosso dai capelli rossi, il diciassettenne Boris Becker.
Deve dire che quella prima volta non mi fece una grande impressione: più che altro mi parve un rompiscatole.
Passò tutto il match a lamentarsi e a contestare le sue palle chiamate fuori.
Pensai che quel ruolo fosse riservato a me solo e che ne avessi senz’altro più diritto.
Gli dissi che avrebbe fatto meglio a vincere qualcosa, prima di cominciare a lamentrsi.
Credo che abbia fatto tesoro del mio consiglio.

Ma torniamo al febbraio del 1985: a quel punto avevo guadagnato cosi tanto da potermi permettere la casa sulla spiaggia!
E non una casa qualsiasi, ma quella che era appartenuta a Johnny Carson, sulla Pacific Coast Highway a Carbon Canyon Beach, Malibu.
Mi costò 1.850.000 dollari (più tre lezioni di tennis che Johnny insistette per includere nell’affare).

Nei quarti giocai contro Kevin Curren, che era piuttosto abile sull’erba.
L’avevo battuto un paio di anni prima sempre a Wimbledon, quando il suo servizio faceva già paura, ma da allora era migliorato moltissimo.
Aveva anche una nuova racchetta Kneissl di grafite, che conferiva al suo servizio una potenza ancora maggiore: come se ne avesse avuto bisogno.
Stava diventando sempre più evidente che, con le nuove racchette, un tennista già provvisto di un servizio potente poteva diventare un vero problema.

E Becker battè Curren nella finale del singolo.
Aveva diciassette anni.
Atlanta era come Milano.
Pubblico fantastico, un’energia incredibile.
Boris mi sconfisse per 7-5 nel terzo set e dovetti ammetterlo: questo ragazzo ha il servizio più potente che abbia mai visto in vita mia.
Nessuno ha mai battuto servizi così.

Mi aveva scalzato dalla vetta: il numero uno era lui.
Sono solo una manciata gli atleti che nel corso degli anni hanno cambiato la prospettiva del pubblico su come si gioca uno sport.
Lawrence Taylor ci riusci nel football con la posizione di linebacker esterno, Ivan Lendl e Martina Navratilova l’hanno fatto nel tennis.
Lendl si era allenato come un pazzo per diventare il numero uno e aveva perso sette chili grazie alla dieta del dottor Robert Haas.

Quando i tennisti videro cosa aveva fatto Lendl per scavalcarmi nel 1985 - soprattutto dopo il modo in cui avevo giocato nel 84 - si convertirono alla sua filosofia.
Si dissero: aspetta un momento, mi allenerò di più, farò di più fuori dal campo.
E lo fecero.
Le star del tennis moderno, uomini e donne, sono più muscolose, più forti, più veloci e più sportivamente longeve di quanto sia mai accaduto in passato.

Il campione della racchetta di legno era diventato una specie in via di estinzione.

Borg mi interruppe scuotendo la testa.
"L’unica cosa che conta è essere il numero uno Jhon" disse.
"Lo sappiamo tutti e due. Se ti accontenti del numero due, perchè non del numero tre o del numero quattro?
Sotto il primo posto non sei nessuno".


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