Frasi di Jhon McEnroe - Sul serio.
Volevo tornare il numero uno e comincia ad allenarmi sul serio.
Volevo diventare più forte per competere ad armi pari con giocatori del livello di Curren e Becker.
Per la prima volta in vita mia comincia a fare pesi.
Tutti i cervelloni esperti di allenamenti sostenevano anche che bisogna essere flessibili, quindi mi dedicai allo yoga.
Allenarsi deve piacere, e molto, altrimenti non si riesce a superare lo scoglio del dolore.
A me non è mai piaciuto abbastanza.
Lendl ne andava pazzo, ma io sono diverso da lui.
Quello che mi succede è più o meno quello che succeede a tutti quelli che sono stati i migliori.
Quando non lo sei più, tutto sfugge al controllo ed è difficile rimettersi in carreggiata.
Il processo è graduale, non avviene in un attimo, e mentre rotoli giù dalla china continui a ripeterti che le cose miglioreranno.
Fino a quel momento, nella mia carriera avevo accumulato multe per un totale di 85.000 dollari, e circa la metà, 38.500, in quel solo annus horribilis 1987.
Un jet passeggeri della avianca Airlines era precipitato vicino all’areoporto Kennedy di New York, e questa era già di per sè una notizia tragica, ma poi la conduttrice annunciò che secondo fonti non ufficiali l’aereo si era schiantato sulla casa di Jhon Mcenroe a Oyster Bay.
Rimasi impietrito.
Forse eravamo troppo viziati.
Avevamo molti soldi, eravamo famosi e ci godevamo i vantaggi che denaro e fama ci regalavano.
Nel contempo però, pretendevamo di vivere come persone normali: era una combinazione impossibile.
Eravamo confusi: a modo nostro cercavamo di essere buoni genitori e buoni compagni l’uno per l’altra, ma la carriera di Tatum era inesistente, la mia era in declino e, per essere premuroso con la propria compagna, per prima cosa è necessario stare bene con se stessi.
Pensai di aver toccato il fondo.
Poi, quando tornai a New York, mentre scendevo dall’aereo, l’ufficiale della dogana mi chiese: "Hai sentito cos’è successo?".
"No" risposi.
"Magic Johnson ha annunciato di avere l’aids".
E all’improvviso la sconfitta inflittami da Mronz non ebbe più molta importanza.
Sabato 4 luglio 1992 giocai il mio ultimo match singolo sul campo centrale di Wimbledon, dopo aver tappato la bocca a tutti gli scettici raggiungendo le semifinali.
Il mio avversario era il ventiduenne Andre Agassi, che non aveva ancora vinto un torneo del Grande Slam.
Erano passati quindici anni esatti dalla mia semifinale del 1977 contro Connors, la sbalorditiva prova che mi aveva proiettato nell’Olimpo del tennis.
Nel 1981 avevo comprato una Les Paul nera, che fracassai per la disperazione da li a una settimana dopo aver visto suonare Buddy Guy al Checkerboard Lounge di Chicago, dov’ero andato a sentirlo con il mio amico Gary Fencik.
Poi comprai una Fender Stratocaster del 1962 che era appartenuta a Elliot Easton dei Cars.
Riuscii a fare qualche accordo, a eseguire qualche canzone.
E in poco tempo imparai a suonare un pò.
Ma proprio poco.
Alla fine presi lezioni private di chitarra dai miei amici Carlos Santana, Eddie Van Halen, Stephen Stills, Alex Lifeson e Billy Squier, tra gli altri, e lezioni di basso da Bill Wyman dei Rolling Stones.
Il leggendario autore di canzoni Jimmy Webb, invece, mi diede lezioni di pianoforte.
Mi trovai anche a fare delle jam session con gente come Stevie Ray Vaughan, Buddy Guy, Joe Cocker e Lars Ulrich dei Metallica (il cui padre, Torben, era stato tennista nel circuito e aveva anche giocato per la squadra danese di Coppa Davis).
Nell’ottobre del 1996, nel soggiorno di una modesta casa, in un tranquillo quartiere della periferia di Johannesburg, Sudafrica, strinsi la mano a Nelson Mandela.
Ricordo distintamente le strette di mano, soprattutto quando la mano è quella di una persona importante.
Mohammed Ali e Larry Holmes mi delusero con strette flosce e viscide: fu come toccare un pesce.
Forse i pugili credono di dover proteggere le loro mani!
Mi raccontò che durante la sua prigionia a Robben Island aveva sentito parlare del mio rifiuto di giocare Sun City nel 1980.
Poi aggiunse una cosa davvero incredibile: lui e altri detenuti del Robben Island avevano seguito la mia finale di Wimbledon contro Borg nel 1980.
Volevo tornare il numero uno e comincia ad allenarmi sul serio.
Volevo diventare più forte per competere ad armi pari con giocatori del livello di Curren e Becker.
Per la prima volta in vita mia comincia a fare pesi.
Tutti i cervelloni esperti di allenamenti sostenevano anche che bisogna essere flessibili, quindi mi dedicai allo yoga.
Allenarsi deve piacere, e molto, altrimenti non si riesce a superare lo scoglio del dolore.
A me non è mai piaciuto abbastanza.
Lendl ne andava pazzo, ma io sono diverso da lui.
Quello che mi succede è più o meno quello che succeede a tutti quelli che sono stati i migliori.
Quando non lo sei più, tutto sfugge al controllo ed è difficile rimettersi in carreggiata.
Il processo è graduale, non avviene in un attimo, e mentre rotoli giù dalla china continui a ripeterti che le cose miglioreranno.
Fino a quel momento, nella mia carriera avevo accumulato multe per un totale di 85.000 dollari, e circa la metà, 38.500, in quel solo annus horribilis 1987.
Un jet passeggeri della avianca Airlines era precipitato vicino all’areoporto Kennedy di New York, e questa era già di per sè una notizia tragica, ma poi la conduttrice annunciò che secondo fonti non ufficiali l’aereo si era schiantato sulla casa di Jhon Mcenroe a Oyster Bay.
Rimasi impietrito.
Forse eravamo troppo viziati.
Avevamo molti soldi, eravamo famosi e ci godevamo i vantaggi che denaro e fama ci regalavano.
Nel contempo però, pretendevamo di vivere come persone normali: era una combinazione impossibile.
Eravamo confusi: a modo nostro cercavamo di essere buoni genitori e buoni compagni l’uno per l’altra, ma la carriera di Tatum era inesistente, la mia era in declino e, per essere premuroso con la propria compagna, per prima cosa è necessario stare bene con se stessi.
Pensai di aver toccato il fondo.
Poi, quando tornai a New York, mentre scendevo dall’aereo, l’ufficiale della dogana mi chiese: "Hai sentito cos’è successo?".
"No" risposi.
"Magic Johnson ha annunciato di avere l’aids".
E all’improvviso la sconfitta inflittami da Mronz non ebbe più molta importanza.
Sabato 4 luglio 1992 giocai il mio ultimo match singolo sul campo centrale di Wimbledon, dopo aver tappato la bocca a tutti gli scettici raggiungendo le semifinali.
Il mio avversario era il ventiduenne Andre Agassi, che non aveva ancora vinto un torneo del Grande Slam.
Erano passati quindici anni esatti dalla mia semifinale del 1977 contro Connors, la sbalorditiva prova che mi aveva proiettato nell’Olimpo del tennis.
Nel 1981 avevo comprato una Les Paul nera, che fracassai per la disperazione da li a una settimana dopo aver visto suonare Buddy Guy al Checkerboard Lounge di Chicago, dov’ero andato a sentirlo con il mio amico Gary Fencik.
Poi comprai una Fender Stratocaster del 1962 che era appartenuta a Elliot Easton dei Cars.
Riuscii a fare qualche accordo, a eseguire qualche canzone.
E in poco tempo imparai a suonare un pò.
Ma proprio poco.
Alla fine presi lezioni private di chitarra dai miei amici Carlos Santana, Eddie Van Halen, Stephen Stills, Alex Lifeson e Billy Squier, tra gli altri, e lezioni di basso da Bill Wyman dei Rolling Stones.
Il leggendario autore di canzoni Jimmy Webb, invece, mi diede lezioni di pianoforte.
Mi trovai anche a fare delle jam session con gente come Stevie Ray Vaughan, Buddy Guy, Joe Cocker e Lars Ulrich dei Metallica (il cui padre, Torben, era stato tennista nel circuito e aveva anche giocato per la squadra danese di Coppa Davis).
Nell’ottobre del 1996, nel soggiorno di una modesta casa, in un tranquillo quartiere della periferia di Johannesburg, Sudafrica, strinsi la mano a Nelson Mandela.
Ricordo distintamente le strette di mano, soprattutto quando la mano è quella di una persona importante.
Mohammed Ali e Larry Holmes mi delusero con strette flosce e viscide: fu come toccare un pesce.
Forse i pugili credono di dover proteggere le loro mani!
Mi raccontò che durante la sua prigionia a Robben Island aveva sentito parlare del mio rifiuto di giocare Sun City nel 1980.
Poi aggiunse una cosa davvero incredibile: lui e altri detenuti del Robben Island avevano seguito la mia finale di Wimbledon contro Borg nel 1980.
Le altre frasi del libro "Jhon McEnroe - Sul serio" a questa pagina.
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