Frasi di Jhon McEnroe - Sul serio.
Sul campo da tennis sei solo.
Mi chiedono perchè mi arrabbio tanto: la solitudine del campo è una delle ragioni principali. Sono solo, allo sbaraglio e lotto fino alla morte davanti a spettatori che mangiano panini al formaggio, controllano l'orologio e chiaccherano sull’andamento della Borsa con l'amico seduto accanto.
Nel frattempo, diedi una sbirciatina al mio futuro facendo il raccattapalle per un paio d’anni agli U.S. Open a Forest Hillis, a cominciare da quando ne avevo dodici. Mi pagavano un dollaro e ottantacinque l’ora - il minimo sindacale - ma, dopo aver consegnato giornali, mi parve un enorme salto di qualità.
Pare incredibile, ma succede a molti: hanno una buona preparazione tecnica e la forma fisica, ma la molla che li spinge non è abbastnza potente.
A sedici anni smisi di giocare a pallacanestro.
Il lato positivo fu che, per la prima volta, riuscii a giocare a tennis più di due volte la settimana durante l’inverno.
Non mi fece male neanche crescere di statura: quando compii diciassette anni, nel febbraio del 1976, avevo già quasi raggiunto la mia statura definitiva di un metro e ottantadue e qualcosa, che arrotondo a un metro e ottantatrè.
Credo fermamente che i giocatori, a qualsiasi livello, dovrebbero allenarsi per perfezionare ogni tiro, da tutte le posizioni sul campo, usando una vasta gamma di movimenti e rotazioni.
I lob, le palle smorzate e le mezze volée - tiri a cui i tennisti della domenica prestano di rado attenzione - possono determinare il risultato di una partita.
E tutto questo serve solo a esercitarsi per quello che è diventato il colpo più importante nel tennis: il servizio.
Quando ho cominciato a giocare io, gran parte dei tornei era su terra rossa, anche a livello professionistico.
Abbiamo quasi dimenticato che gli U.S. Open si sono disputati su terra rossa dal 1975 al 1977.
Di conseguenza, i giocatori più forti dell’epoca - Connors, Borg, Vilas, Gerulaitis, Harold Solomon - erano soprattutto giocatori di fondo campo: questo significava che molti match si riducevano a interminabili gare di resistenza.
Secondo me era necessario portare il gioco verso nuove mete, ma ancora non avevo il servizio per farlo.
Dovetti scuotere la testa anche a proposito di qualcos’altro.
Quell’ultimo giorno trascorso all'Open di Francia imparai un’altra lezione crudele sul tennis come spettacolo.
Giocai le mie finali juoniores davanti a un pubblico di tre persone: gli organizzatori erano stati tanto premurosi da programmare le finali maschili alla stessa ora.
Quindi, quando stavamo per fare il cambio di campo dopo il tie-break, mi cacciai la racchetta sotto la scarpa - era una Wilson Pro Staff - e cercai di curvarla fino a quando si ruppe.
Avevo diciotto anni ed ero in semifinale a Wimbledon.
Mi sembrò la cosa più incredibile e al tempo stesso più naturale del mondo.
Le semifinali di quell’anno videro Bjorn Borg contro Vitas Gerulaitis e Jimmy Connors contro.. di me.
Contro di me!
Ricordo di essere entrato nell’atrio del Gloucester Hotel, che all’epoca ospitava le grandi stelle del tennis, e di aver visto le quotazioni su una lavagnetta (a Londra vanno pazzi per le scommesse): "Borg 2-1; Connors 3-1, Gerulatis 7-1, McEnroe 250-1".
Non solo ero approdato ai tornei professionistici, ma all’improvviso mi ritrovai a un livello di gioco del tutto nuovo.
Borg, Connors.. per me erano gli dei del tennis, gli irraggiungibili che avavo guardato in tv!
La forza con cui colpiva la palla con la sua Wilson di acciaio T2000 e la precisione con cui rispondeva al servizio erano davvero incredibili.
E io non volevo farmi massacrare.
Borg per me era un poster appeso alla mia camera da letto.
Da un punto di vista emotivo non ero ancora pronto a battere campioni di questo livello.
Stabilire cosa costituisce una buona squadra di doppio è come individuare quali sono i requisiti necessari per un buon matrimonio: molte cose sembrano ovvie ma sono i dettagli a fare la differenza.
In entrambi i casi, il feeling tra le due persone è tutto.
Nel doppio, se manca il feeling, gli inevitabili errori del tuo compagno (tutti commettono errori nel tennis, anche ai massimi livelli) finiscono per darti sui nervi.
Sul campo da tennis sei solo.
Mi chiedono perchè mi arrabbio tanto: la solitudine del campo è una delle ragioni principali. Sono solo, allo sbaraglio e lotto fino alla morte davanti a spettatori che mangiano panini al formaggio, controllano l'orologio e chiaccherano sull’andamento della Borsa con l'amico seduto accanto.
Nel frattempo, diedi una sbirciatina al mio futuro facendo il raccattapalle per un paio d’anni agli U.S. Open a Forest Hillis, a cominciare da quando ne avevo dodici. Mi pagavano un dollaro e ottantacinque l’ora - il minimo sindacale - ma, dopo aver consegnato giornali, mi parve un enorme salto di qualità.
Pare incredibile, ma succede a molti: hanno una buona preparazione tecnica e la forma fisica, ma la molla che li spinge non è abbastnza potente.
A sedici anni smisi di giocare a pallacanestro.
Il lato positivo fu che, per la prima volta, riuscii a giocare a tennis più di due volte la settimana durante l’inverno.
Non mi fece male neanche crescere di statura: quando compii diciassette anni, nel febbraio del 1976, avevo già quasi raggiunto la mia statura definitiva di un metro e ottantadue e qualcosa, che arrotondo a un metro e ottantatrè.
Credo fermamente che i giocatori, a qualsiasi livello, dovrebbero allenarsi per perfezionare ogni tiro, da tutte le posizioni sul campo, usando una vasta gamma di movimenti e rotazioni.
I lob, le palle smorzate e le mezze volée - tiri a cui i tennisti della domenica prestano di rado attenzione - possono determinare il risultato di una partita.
E tutto questo serve solo a esercitarsi per quello che è diventato il colpo più importante nel tennis: il servizio.
Quando ho cominciato a giocare io, gran parte dei tornei era su terra rossa, anche a livello professionistico.
Abbiamo quasi dimenticato che gli U.S. Open si sono disputati su terra rossa dal 1975 al 1977.
Di conseguenza, i giocatori più forti dell’epoca - Connors, Borg, Vilas, Gerulaitis, Harold Solomon - erano soprattutto giocatori di fondo campo: questo significava che molti match si riducevano a interminabili gare di resistenza.
Secondo me era necessario portare il gioco verso nuove mete, ma ancora non avevo il servizio per farlo.
Dovetti scuotere la testa anche a proposito di qualcos’altro.
Quell’ultimo giorno trascorso all'Open di Francia imparai un’altra lezione crudele sul tennis come spettacolo.
Giocai le mie finali juoniores davanti a un pubblico di tre persone: gli organizzatori erano stati tanto premurosi da programmare le finali maschili alla stessa ora.
Quindi, quando stavamo per fare il cambio di campo dopo il tie-break, mi cacciai la racchetta sotto la scarpa - era una Wilson Pro Staff - e cercai di curvarla fino a quando si ruppe.
Avevo diciotto anni ed ero in semifinale a Wimbledon.
Mi sembrò la cosa più incredibile e al tempo stesso più naturale del mondo.
Le semifinali di quell’anno videro Bjorn Borg contro Vitas Gerulaitis e Jimmy Connors contro.. di me.
Contro di me!
Ricordo di essere entrato nell’atrio del Gloucester Hotel, che all’epoca ospitava le grandi stelle del tennis, e di aver visto le quotazioni su una lavagnetta (a Londra vanno pazzi per le scommesse): "Borg 2-1; Connors 3-1, Gerulatis 7-1, McEnroe 250-1".
Non solo ero approdato ai tornei professionistici, ma all’improvviso mi ritrovai a un livello di gioco del tutto nuovo.
Borg, Connors.. per me erano gli dei del tennis, gli irraggiungibili che avavo guardato in tv!
La forza con cui colpiva la palla con la sua Wilson di acciaio T2000 e la precisione con cui rispondeva al servizio erano davvero incredibili.
E io non volevo farmi massacrare.
Borg per me era un poster appeso alla mia camera da letto.
Da un punto di vista emotivo non ero ancora pronto a battere campioni di questo livello.
Stabilire cosa costituisce una buona squadra di doppio è come individuare quali sono i requisiti necessari per un buon matrimonio: molte cose sembrano ovvie ma sono i dettagli a fare la differenza.
In entrambi i casi, il feeling tra le due persone è tutto.
Nel doppio, se manca il feeling, gli inevitabili errori del tuo compagno (tutti commettono errori nel tennis, anche ai massimi livelli) finiscono per darti sui nervi.
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